che è contra la intenzione delle leggi, le quali si danno, acciocché siano a tutti manifeste. I popoli vicini, che sono liberi, ma dei quali molti hanno sofferto la tirannia, mossi da queste virtù, dimandano dagli Utopiensi i magistrati per un anno, ed anco per cinque; e quando hanno fornito il loro ufficio, li rimandano onorevolmente e ne conducono degli altri. Ed in vero questi popoli ottimamente provveggono alla loro repubblica, la cui salute o rovina dipende dai costumi dei magistrati, nè potevano fare miglior elezione; quandoché sono gli Utopiensi di una tale costanza, che non si piegano a prezzo alcuno, ed avendo da ritornare alla patria, non hanno occasione di far ingiustizia, massimamente che non conoscendo quei cittadini, non possono da alcuno agevolmente esser persuasi di contravvenire al giusto. Questi due mali, amore ed avarizia, quando hanno potere nei giudizj, pervertono ogni giustizia, ed indeboliscono ogni nervo della repubblica. Gli Utopiani chiamano compagni quei popoli, ai quali danno magistrati, ed amici quelli a chi hanno fatto beneficj. Essi non fanno con altre genti confederazioni, le quali tanto sovente appo altri popoli sono fatte e rinnovate. Perchè si hanno da fare, dicono essi, confederazioni alcune, bastando ad amicarsi l’uomo la comune natura, la quale non giovando, che potranno più valere le parole? Sono in questo parere, perchè le convenzioni e patti tra principi in quei paesi, poco fedelmente si osservano. Ma in Europa e specialmente dove regna la fede di Cristo, si conservano inviolabilmente le confederazioni, parte per giustizia e bontà dei principi, parte per riverenza e timore dei sommi pontefici; i quali, siccome non commettono cosa alcuna, che contravvenga alla religione, così comandano che gli altri principi mantengano le loro promesse, e con scomuniche severissime sforzano i contumaci a serbare la loro fede. E meritamente in vero tengono per biasimo vituperevole, che non si osservi fede nelle confederazioni da coloro, che specialmente si nominano