non è lecito far loro ingiuria. Nè gli danno in governo a chi non si diletta delle loro facezie, temendo che non siano ben trattati. Non si concede il farsi beffa d’alcuno, che sia tronco o sciancato, parendo sconvenevole schernire quel vizio, che è venuto nell’uomo senza sua colpa. Siccome tengono per da poco chi non ha cura di conservarsi la bellezza naturale, così biasimano quelli che con belletti studiano di aumentarla; avendo per certo che la bontà dei costumi assai più vale a render grata la moglie al marito, che alcuna bellezza corporale. Non solamente si rimangono dalle scelleraggini per tema dei supplicj, ma sono invitati alle virtù con egregi onori. Rizzano nella piazza statue agli uomini, che per la repubblica hanno fatto qualche degna impresa, acciocchè si conservi la memoria delle opere illustri, ed i loro discendenti siano alla virtù incitati. Chi cerca di avere alcun magistrato ne viene privato al tutto. Vivono assieme amichevolmente, perchè i magistrati non sono terribili; si chiamano padri, e si portano da padri; ed i popoli gli onorano spontaneamente. Il principe non è dagli altri conosciuto per diadema o corona, ma per un manipolo di frumento, che più viene portato innanzi, ed il pontefice per un torchio. Hanno poche leggi, e biasimano gli altri popoli, che empiono di leggi e d’interpreti smisurati volumi. Parendo loro che sia iniquità obbligare a tante leggi l'uomo, che non si possano leggere, e tanto oscure, che non siano intese. Non ammettono avvocati, anzi vogliono che ognuno in giudizio dica la sua ragione, perchè in tal guisa si disputa meno, e meglio si cava la verità senza ornamento di parole. Il giudice sollecitamente spedisce ogni causa, e favorisce agli ingegni semplici contro i malvagi ed accorti: il che a fatica si può osservare appo le altre nazioni tra tante dubbiose leggi. Appo loro ciascuno è giureconsulto, perchè hanno pochissime leggi, e commendano sommamente la più semplice interpretazione, che loro si dia. Perchè la sottile interpretazione non può esser da tutti intesa; il