e del bere, tuttavia tutti t’hanno per grandissima voluttà, e gli Utopiensi la tengono per fondamento di ogni sollazzo, senza il quale ogni voluttà e nulla. Perchè mancare di dolore senza sanità, è piuttosto uno
stupore che un sollazzo. Quella opinione che dice la sanità non essere voluttà, perchè non si sente, se non con qualche esterno movimento, e da loro al tutto rifiutata. Anzi tutti concordevolmente affermano la sanità essere una speciale e primaria dilettazione. E dicono: se nella infermità è il dolore, mortal nemico della voluttà, perchè non sarà nella quiete della sanità una giocondezza singolare? Non fanno differenza che si dica l’infermità istessa esser dolore, ovvero il dolore esser l’infermità, perchè ne riesce la medesima sentenza. Ma se la sanità è la voluttà istessa, ovvero necessariamente partorisce voluttà, come il fuoco produce caldo, veramente ad ogni modo segue, che la ferma sanità riesca una vita gioconda. Oltre di questo dicono, quando mangiano ristorarsi col cibo la sanità, la quale per la fame cominciava ad indebolirsi; e quando è tornata al solito vigore, sentiamo la giocondità del mangiare, tanto maggiormente, quanto la sanità è più robusta. Così appare esser falso quello che taluni asseriscono, che la sanità non si sente. Il che non può avvenire in uomo che non sia stupido, e per conseguente non sano. Abbracciano adunque primieramante quelle voluttà dell’animo (che sono appo loro le principali) le quali sanno che nascono da virtù e dalla buona coscienza. Ma pongon la sanità innanzi ad ogni altro corporeo diletto. Nè vogliono che si brami il mangiare ed il bere o altra voluttà, se non per conservare la sanità. Perchè non sono tali cose da loro istesse gioconde, una in quanto mantengono la sanità. Però debbe il savio piuttosto cercare di non essere occupato dall’infermità, che bramare la medicina; di tener lungi i dolori, che d’aver bisogno di voluttà, le quali si conviene temperare. Se alcuno per esse si tiene beato, egli è astretto di confessare che allora sarà felicissimo,