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libro secondo. 39

a fine che pensandovi sopra, deliberino quello che sia alla repubblica profittevole, e non si abbiano a pentire della loro risoluzione, come poco considerata.


Degli artefici.


L’agricoltura è comune arte a’ maschi e femmine, e niuno è di quella inesperto. Tutti dalla fanciullezza l’imparano; parte in iscuola, ove se ne danno precetti; parte nei campi alla città più vicini, ove sono condotti quasi a giuocare, acciocchè non solamente veggano l’arte, ma piglino occasione di esercitare il corpo. Oltre l’agricoltura, a tutti, come dicemmo, comune, ciascuno impara un’arte, o di muratore, o di magnano, o di legnaiuolo, o lavorare di lana o di lino, perchè non è appo loro altro artificio, nel quale si occupino molte persone. Le vesti sono di una forma, eccetto che variano quanto basta a discernere il sesso, ed i maritati dai non maritati. Questa usano per ogni età; ed è vaga da vedere, e comoda all’estate ed al verno. Ogni famiglia fa le sue vesti, ed ognuno impara alcuna di quelle arti; non solo i maschi, ma le femmine ancora, le quali perchè sono men robuste, si danno alla lana e al lino, lasciando ai maschi le arti faticose. La maggior parte impara l’arte del padre: tuttavia se alcuno ad altra arte s’inchina, egli impara l’arte della famiglia, nella quale viene adottato; il che si fa per opera del magistrato insieme col padre di quella. Se uno, imparata un’arte, brama d’impararne un’altra, parimente se gli concede: e poi esercita qual più gli aggrada, se la città non ha più bisogno di una che dell’altra. L’ufficio de’ Sifogranti è specialmente di provvedere, che niuno stia ozioso, ma eserciti con sollecitudine l’arte sua; non però dalla mattina per tempo sino alla sera, che è miseria estrema, ed usasi in ogni paese, eccetto che appo gli Utopi. I quali di ventiquattr’ore tra il dì e la notte sei ne assegnano al lavoro; tre avanti desinare, dopo il quale riposano due ore, ed indi tre altre, appresso alle quali