colo, non si reggendo a certi segni posti nel lido, i quali, essendo mossi dai luoghi soliti, guiderebbono ogni grande armata nimica in precipizio. Dall’altra parte è un porto assai frequentato, e dove si scende, fortificato dalla natura e con arte in tal guisa, che pochi uomini lo possono difendere da copioso esercito. Ma come si narra, ed anco la qualità del luogo ne dà indizio, quella terra anticamente non era dal mare circondata. Utopo, che le diede il nome, perchè prima si nomava Abraxa, e ridusse coloro che l’abitavano da una vita rozza e villesca a questa foggia di vivere umano e civile, nel quale vincono quasi tutte le generazioni degli uomini; preso in un tratto il luogo, tagliò quindicimila passi di terreno col quale era la Utopia continuata a terra ferma, e la fece isola. Ed avendo astretto a tale opera non solamente quelli dell’isola, ma i soldati suoi ancora, con tanto numero di uomini, in brevissimo tempo fornì tale impresa, lasciando stupiti i vicini popoli, i quali di questo prima ridevano. Sono nell’isola cinquantaquattro città grandi e magnifiche di medesima favella, istituti e leggi, e quasi all’istesso modo situate, quanto il luogo ha permesso. Le più vicine sono scostate una dall’altra miglia ventiquattro; ma niuna è tanto lontana dall’altra, che non vi possa andare un pedone in un giorno. Tre vecchi cittadini e prudenti di ciascuna città ogni anno concorrono in Amauroto1, la quale per esser nel mezzo dell’isola, e a tutti comoda, è tenuta la principale, ed ivi trattano delle comuni bisogne dell’isola. Ogni città non ha meno di ventimila passi di terreno d’ogni intorno, ed alcune più, come sono più scostate una dall’altra. Niuna brama di ampliare i suoi confini riputandosi gli abitanti piuttosto lavoratori dei campi che tengono, che padroni. Hanno per le ville acconciamente le case, di ogni instrumento campestre for-
- ↑ E’ varrebbe città mal nota od oscura, stando alla greca significazione.