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32 | utopia. |
simile fortuna alcuno di loro è stato spinto a noi, questo si è così scordato, come si scorderanno i discendenti loro, ch’io abbia abitato in quel luogo. E siccome essi ad un incontrarsi con noi hanno fatto propria ogni nostra industriosa invenzione; così penso che andrà lungo tempo, prima che pigliamo il migliore loro istituto. E penso altresì che una sola cosa sia cagione, che non essendo noi nè per ingegno, nè per forze inferiori, tuttavia le cose loro sono più felicemente amministrate, e con maggior felicità fioriscono. Pregoti di grazia, diss’io, o Raffaello, che ci vogli descrivere quest’isola, non già in brevità, ma che ci dimostri con ordine i campi, i fiumi, le città, gli uomini, i costumi, gl’istituti, le leggi, od ogni cosa che ti parrà noi voler conoscere; cioè tutto quello che non sappiamo. Lo farò, disse Raffaello, molto volentieri, specialmente che tengo il tutto in memoria: ma bisogna aver tempo. Andiamo adunque a desinare, e poi piglieremo il tempo a tua voglia. Così facciamo, rispose egli. Ed entrati desinammo, e poi tornammo nel medesimo luogo, e comandando ai famigliari che non ci turbassero, io e Pietro Egidio confortammo Raffaello che ci attenesse la promessa. Egli adunque, vedendoci attenti e bramosi di udire, stato alquanto tacito a sedere pensando, cominciò a parlare in questa guisa.