ragionava, tacendo de’ vari mostri tanto frequenti che non sono tenuti per cose nuove. Trovavansi quasi in ogni luogo scille, arpie rapaci e lestrigoni, che mangiano carne umana. Molti nuovi popoli malamente in alcune cose ordinali, ed ancora altri esempj de’ buoni istituti, con i quali si potrebbono correggere; questi furono da lui notati, dei quali altrove parleremo. Ora ho determinato di narrare solamente quanto egli disse dei costumi ed ordini degli Utopiensi; premettendo un parlare, mediante il quale perveniamo a ragionare di questa repubblica. Avendo Raffaello prudentissimamente narrato molti errori qua e là veduti, e molti buoni istituti così appo noi come appo loro ordinati, ed avendo in memoria la forma del vivere di quei popoli, non meno che se avesse passato tutta la sua vita in ogni terra, ove si era trovato; Pietro, maravigliandosi di lui, disse: io stupiscono, o Raffaello, che non ti accosti a qualche re, al quale veramente saresti carissimo; quando che con tale dottrina e perizia dei luoghi e degli uomini non solo potresti dargli diletto, ma eziandio ammaestrarlo con esempj, e con consigli aiutarlo; e parimente provvedere a’ casi tuoi ed al comodo de’ tuoi parenti ed amici. Risposegli: non mi piglio molta cura coi miei, verso i quali parmi di aver già fatto il debito mio, avendo nella mia gioventù, e trovandomi sano, distribuito tra amici e parenti quei beni, che gli altri nella vecchiaia e vicini a morte mal volentieri lasciano; e penso che debbano starsi contenti di questa mia benignità, senza aspettare che per loro causa io mi faccia servo dei re. Io, disse Pietro, non chiamo questa servitù, ma giudico esser via acconcia non solamente di giovare agli altri in pubblico e privatamente, ma eziandio a fare lo stato tuo più felice. Come lo farei, disse Raffaello, più felice con quella via dalla quale tanto l’animo mio abborrisce? Ora io vivo a mia voglia, il che per mio avviso avviene a pochi cortigiani. Assai sono quelli che bramano l’amicizia di uomini potenti; laonde fia poco danno se que-