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168 | questioni |
In vero se si riunisce il diviso in modo che ciascuno si consideri padre di ciascuno, ciò accrescerebbe l'amore, ma è impossibile che alcuno abbia più di una madre e un padre; di più ognuno conoscerebbe i propri figli dalla fisonomia e quindi avrebbe più affetto per questi.
Seconda obbiezione. Nascerebbero discordie tra le donne e spesso tra i padri e i figli incerti.
Terza obbiezione. Nel vago concubito non si conosce la prole ed è pur naturale all’uomo il voler conoscere la propria discendenza in cui si perpetua.
Quarta obbiezione. Nascerebbero adulterii, fornicazione ed incesti, colle sorelle, le madri e le figlie, e le gelosie per le donne, e le contese per quelle che vorrebbero abbracciare.
Quinta obbiezione. Scoto obbietta le parole: erunt duo in carne una; adunque non si possono avere più mogli senza una dispensa divina.
Sesta obbiezione. Fu l’eresia dei Nicolaiti il mettere le mogli in comune.
Rispondiamo prima in generale coll’autorità di S. Clemente nel citato canone: conjuges secundum Apostolorum doctrinam comunes esse debere. Ma siccome questo sarebbe contro l’onestà cristiana si deve ammettere la glossa a questo passo apposta: comunes quo ad obsequium non quo ad thorum. E a dir vero, come testifica Tertulliano, così vissero i primi cristiani, che tutto aveano in comune tranne le donne pel talamo, poichè è palese che le donne servivano tutti. Ma i Nicolaiti introdussero la comunità nel talamo, ed io pure condanno questa eresia, ma sostengo la comunanza nelle funzioni, non però nel governo politico; poichè la donna non può essere magistrato nè insegnare agli uomini, ma solo tra le donne e nel ministero della generazione. Alle stesse poi son commesse le arti che si eseguiscono con poca fatica o anche la guerra nella difesa delle mura. E noi leggiamo che le donne spartane difesero la patria nell’assenza dei mariti, e le femmine tra gli ani-