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sull'ottima repubblica. | 167 |
accordano ai medesimi che l'uso. S. Tommaso non dà loro il dominio che della piccola porzione che consumano poichè non sono che usufruttuari dei fondi, nè possono lasciargli ai figli o agli amici. Cosa poi sia dei laici si è detto superiormente. Gli ignoranti sono pronti a chiamar eretico quello che non possono convincere colle ragioni. La parola di Cristo: Reddite quæ sunt Cæsaris Cæsari, non rende padrone il medesimo se non di dispensare, o di nulla, poichè nulla appartiene a Cesare. Che cosa ha egli che non abbia ricevuto? Tutte le cose adunque sono di Dio e a Cesare solo come ammininistratore. Vedi nella Monarchia del Messia, ove si è scritto di ciò. Lo stesso Cristo dice: reges gentium dominantur eorum, vos autem non sic, sed qui maior est fiat minister. Perciò giustamente predica S. Tommaso la proprietà di amministrazione e procura la comunità dell'uso. E il papa è il servo dei servi di Dio, e l’imperatore il servo della Chiesa.
ARTICOLO TERZO.
Se la comunanza delle donne sia più conforme alla natura e più utile alla generazione e quindi a tutta la repubblica, oppure la proprietà delle mogli e dei figli.
Ad Aristotile sembra più conveniente la proprietà e nociva la comunanza a cui oppone:
Prima obbiezione. Socrate pensa che l’amore si accrescerebbe tra i cittadini da ciò che ognuno considererebbe i vecchi come suoi genitori, e questi i giovani come figli, e gli eguali come fratelli, ma ciò distruggerebbe anzi ogni amore. Poichè o si prende quel tutti collettivamente ed è vero che tutti i vecchi sono padri di tutti i giovani, ma allora l’amore di ciascun vecchio in particolare sarebbe ben piccolo verso quelli, come una goccia di miele in molta acqua, e tosto si estinguerebbe, perchè nessuno conoscerebbe i propri figli, nè questi il loro padre.