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164 | questioni |
Adunque colla nostra repubblica vengono tranquillizzate le le coscienze, tolta l'avarizia, radice di ogni male, e le frodi commesse nei contratti, e i furti e le rapine e la mollezza e l’oppressione dei poveri, e l’ignoranza che invade anche gli ingegni meglio disposti, perchè fuggono dalla fatica mentre pretendono filosofare, e le inutili cure, e le fatiche, e il danaro che mantiene i mercadanti, e la illiberalità, e la superbia, e gli altri prodotti dalla divisione, e l’amor proprio, e le inimicizie, e le invidie, e le insidie, come si è mostrato distribuendosi gli onori secondo le attitudini naturali si tolgono i mali che nascono dalla successione, dall'elezione e dall’ambizione, come insegna S. Ambrogio parlando della repubblica delle api, e così seguiamo la natura che è l’ottima maestra, come nelle api. E l'elezione di cui noi facciamo uso non è licenziosa, ma naturale, eleggendo quelli che si distinguono per le virtù naturali e morali.
Ora rispondendo in particolare alla prima obbiezione, diciamo che Aristotile commette errore spontaneamente e di mala fede, poichè anche per Platone e i fondi e i frutti e le fatiche sono comuni; e nella nostra repubblica vengono distribuite dai magistrati dell’arti le fatiche secondo la capacità e la forza, ed eseguite dai capi delle arti con tutta la moltitudine, come si vede nel testo; nè da alcuno può usurparsi nulla, nutrendosi tutti a tavola comune e ricevendo le vesti dal magistrato del vestiario, secondo la qualità e le stagioni, e conformi alla salute; e ciò pure si vede fare dai monaci e dagli apostoli. Quindi Aristotile ciarla inutilmente. Non hai che da esaminare nel testo il modo della distribuzione dei vestiti secondo le stagioni, le fatiche e le arti e la esecuzione, ecc., nè alcuno può far difficoltà, poichè tutte le cose sono fatte con ragione, anzi ognuno ama di fare ciò che è conforme alla sua disposizione naturale, ciò che appunto praticasi nella nostra repubblica.
Alla seconda obbiezione si risponde, che ciascuno