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sull'ottima repubblica. | 163 |
buire e di sollevare, e resta, giusta la dottrina di S. Grisostomo, Basilio, Ambrogio e Leone papa (ser. V, de Collectis), che i ricchi sono dispensatori non padroni delle cose; che se poi sono padroni, non lo sono che di distribuire e di donare, come i vescovi della parte della Chiesa; la parte poi di cui sono padroni si limita al puro vitto e vestito. E questa parte la hanno pure i monaci, come loro la attribuisce e prova Giovanni papa XXII nelle Extrav. Poichè di diritto e non ingiustamente mangia il monaco e l’apostolo, quindi ha l’uso di diritto, non di solo fatto, giacchè questo ultimo diritto lo ha il ladro quando mangia le cose altrui. Scoto pensa che questo papa errasse, ed abbia deciso ciò per odio contro i Francescani, poichè Clemente V e Nicola III, pontefici, accordano ai Francescani soltanto l'uso di fatto, non di diritto, come un invitato a cena mangia solo di fatto non di diritto. Ma Scoto s'inganna, e ingiustamente condanna un papa, poichè quei pontefici da lui citati non distruggono il diritto di gius naturale, ma solo il diritto positivo, quindi S. Tommaso pensa che nelle cose che si distruggono coll’uso non si può distinguere l’uso dal dominio, come si vede nel trattato dell’usufrutto delle cose che si consumano coll’uso (lib. 2). Perciò questi pontefici non si contraddicono tra di loro, come insegna Giovanni XXII, ma è bensì eretico chi nega l’uso di diritto agli Apostoli e a Cristo; poichè allora non avrebbero mangiato di diritto, ma ingiustamente come il ladro. Il ladro ha il diritto di fatto ma nella necessità ha anche il diritto naturale. Da tutto questo risulta la solidità della dottrina dei Santi, contro gli sciocchi che mettono la bocca in cielo. L'invitato mangia di diritto, e il suo titolo è la donazione, non minore del titolo di vendita. Ma, dirai: i ricchi sono dunque obbligati alla restituzione del superfluo, e a chi? ai poveri o alla repubblica? direi alla repubblica e ai poveri, ma perchè non vi è luogo a disputa poichè questi non hanno acquistato un diritto positivo, dico a Dio, a cui dovranno render ragione nel giorno finale, come insegnano S. Basilio, Ambrogio e Leone.