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138 | la citta' del sole. |
G. M. Capperi, son ben profondi!
Amm. Oh! se mi ricordassi d’ogni cosa, e non mi stesse a cuore la partenza, e più se nulla temessi, ti direi altro e ben più mirabile, ma perdo la nave se non m’affretto a prendere il largo.
G. M. Ten prego; rispondi a questa unica domanda: Che dicon essi del peccato d’Adamo?
Amm. Essi sinceramente confessino esservi molta iniquità nell’universo, e non essere gli uomini governati da superiori e vere ragioni; vivere infelici e non ascoltati i buoni; trionfare i perversi, sebbene chiamino miserabile siffatto trionfo, non avendo nulla di più vano e di più spregevole che il volersi mostrare ciò che in realtà altri non è, o non merita d’essere, cioè tanti che chiamansi re, sapienti, guerrieri o santi. Argomentano quindi essere stato per ignota causa un gran disordine nelle cose umane. E sulle prime inclinavano a credere con Platone avere negli antichi tempi i mondi celesti subìta una rivoluzione dal presente Occidente verso la parte ora chiamata Oriente, e di poi essersi diretti verso la parte opposta. Soggiungono essere stato possibile che il governo di quaggiù sia stato affidato a qualche Nume inferiore, e ciò permesso dal Dio Supremo, ma giudicano stoltezza l'affermarlo assolutamente: e più stolto l’asserire avere prima con massima equità regnato Saturno, con minore Giove, mano mano gli altri pianeti, sebbene confessino venire l'età del mondo ordinata giusta la serie dei pianeti, e credano che dalle mutazioni degli astri dopo 1,000 o 1.600 anni possono ricevere grandi mutamenti le cose. Dicono che la presente età sembra doversi assegnare a Mercurio, quantunque modificata dalle grandi congiunzioni e dai ritorni dell’anomalie che possiedono una forza fatale. Affermano finalmente essere felice quel cristiano che s’accontenta credere avere tanta rivoluzione avuta l’origine dal peccato d'Adamo. Opinano anche i padri trasmettere ai figli più il male della pena che della colpa, e potere questa risalire dai figli ai