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libro secondo. | 77 |
afferma che questo sommo Dio sia una cosa, ed alcuno un’altra. Affermano però che quel sommo, il quale tengono per Dio, ha il governo del tutto. Ma tutti a poco a poco si scostano dalla varietà delle superstizioni, e concorrono in quella religione, che con più ragioni ed evidenze si prova. E già sarebbero tutti di una religione; se non che ogni disgrazia che loro accade nel mutare, si pensano che ad essi sia mandata dal cielo per castigo, e che quel Dio, il quale vogliono abbandonare, si vendichi di questa loro empia intenzione. Ma poich’io predicai loro il nome di Cristo, la dottrina di quello, i miracoli e la costanza di tanti santi martiri, che spontaneamente vollero spargere il sangue: e come tante nazioni si sono a lui convertite, mirabilmente vi s’inchinarono, ovvero per divina inspirazione, ovvero che parve loro tal via molto simile alla loro religione. E valse questo assai, perchè avevano compreso che la foggia del loro vivere piaceva a Cristo, e che i veri cristiani avevano monasteri, molto simili ai loro istituti. Sia però avvenuto per qual caso si voglia, molti si convertirono alla fede cristiana, e vollero essere battezzati. Ma poichè di noi quattro, che ivi eravamo, gli altri due essendo morti, niuno era sacerdote, quei popoli ancora desiderano avere sagramenti, cui s’appartien di ministrare solamente ai sacerdoti, e disputano sovente se sia lecito, senza commissione del pontefice, eleggere sacerdote uno di loro: e già stavano per eleggerlo, ma non ancora l’avevano fatto, quando io mi partii. Quelli che ancora non hanno appreso la fede cristiana, non biasimano chi la crede. Se non che uno di nuovo battezzato, cominciò ardentemente, quantunque io l’ammoniva che tacesse, a commendare il culto di Cristo, e dannare ogni altra setta, chiamando empi coloro, che adoravano altro che la
l’amore, principio delle generazioni e della fecondità, che perpetua e ringiovanisce il mondo. Da’ Greci e da’ Romani fu confuso col sole, risguardato come «il ministro maggior della natura.»