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108 ITALIA ARTISTICA

ancora oggi nel caratteristico campaniletto e nei camini, nella pittoresca decorazioni a gran fregi architettonici dipinti di verde intorno alle porte e alle finestre, nelle ringhiere in ferro ricche di dorature dei terrazzini, nelle antiche porte ornate, nella vetrina nei battenti della bottega a sinistra coll’arguta iscrizione NEGOOTIUM ripetuta nel fregio decorativo.

E basti di queste minori ville e borgate, che ben più a lungo ci conviene illustrare, a chiusa della nostra già lunga rassegna, i due capoluoghi, Vogogna dell’Ossola inferiore, Domo della superiore e oggi di tutta l’Ossola: luoghi non soltanto: di memorie delle grandi famiglie avite, ma insigni per pubblici edifizi degni di particolare ricordo.

Prima d’entrare in Vogogna, chi arriva dall’alta valle per la grande strada rotabile osserva a destra, a fregio d’una «Trattoria del Moretto con alloggio e stallazzo», una porta leggiadramente ornata negli stipiti e nell’architrave, fregiati i primi di due stemmi (spaccati coll’aquila ad ali spiegate sopra e una colomba sotto), l’altro del motto «In hoc signo vinces» e, più su, dell’altro «Salve redemptio nostra». Una finestra sovrapposta assai graziosamente ornata, ha sotto il davanzale il motto «Deo gloria» il quale farebbe, come gli altri, pensare ad un edificio religioso, se d’altra un camino visibile in una saletta terrena non ricordasse colla sua iscrizione essere stata eretta la casa dal dott. Antonio Biondini «artibus et medicis». Un’altra porta simile alla superstite ornava l’edificio, ma essa fu acquistata pochi anni sono da un signore ossolano e tolta dal posto suo così poco accortamente da lasciarne dei frammenti sul luogo.

Penetrati da codesta parte nell’interno dell’abitato di Vogogna, passata la modesta chiesa vecchia e la nuova pomposa e vanitosa, s’entra nella vecchia via centrale del borgo, stretta e fiancheggiata per un buon tratto di portici: prima fra gli edifizi con portici è un’antica casa dei Borromei, ornata di due porte notevoli pei fregi degli stipiti e dell’architrave. Poco più in là la via s’allarga dinanzi all’edificio caratteristico del Pretorio: robusta costruzione a due piani, interamente sorretta da un largo porticato che sulle basse e tozze arcate giranti tutt’attorno regge poderosamente tutto l’edificio. L’aquila imperiale e lo stemma del biscione, ancor riconoscibili nei prospetti di ponente e di levante nonostante i colpi di scalpello dati dai repubblicani nel 1798, rivelano abbastanza il tempo della costruzione, che una lapide antica attesta del 1348; scomparsi sono l’arme dei Borromeo e i dipinti che ornavano il porticato, la gran loggia che doveva sporgere nel lato di mezzodì, la rozza cattedra di legno che nell’angolo meglio riparato del portico serviva ai giudizi del podestà; rimangono invece le finestre in tutto deformate dalle antiche, il poggiolo di ponente (aggiunta probabile del secolo XVI), la scala esterna, appoggiata al lato