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OSSOLA 93

cani del 1798 che ne divelsero gli stemmi viscontei, l’incuria e il malo uso di chi ridusse i ruderi a uso di carcere, di chi lo lasciò per secoli nel più desolato abbandono, di chi in anni assai vicini a noi vi accomodò con discutibile gusto certi belvederi merlati e imbandierati, non han tolto a ciò che rimane la sua forte e severa bellezza. La massiccia eppur leggiadra torre rotonda cinta della sua rude corazza di macigni, la cortina che la segue a monte fino al mozzo torrione quadrato, ingentilita soltanto chiesa parrocchiale di bannio (valle anzasca). dall’erba e dai fiori che ne rivestono il piede, son tutto ciò che rimane al difuori. Una porticina aperta nel muricciolo merlato a destra della torre rotonda conduce nell’interno sotto un pergolato di vite ad un’alta cortina e all’antica porta d’ingresso archiacuta, dietro alla quale una povera casa rustica s’è annidata tra le antiche mura cadenti: dell’edificio vetusto due nude tetre enormi sale terrene rimangono ancora, adorne solo d’un vastissimo camino nero di sarizzo. Più in là un altro arco acuto s’apre in un’altra muraglia transversa, vestita d’edera dal basso fino ai beccatelli cadenti, e le viti e le ortaglie crescono ov’era la dimora antica, mentre le folli erbe selvatiche veston le mura di vivente verzura. L’occhio intanto corre