Pagina:L'Argonautica di C. Valerio Flacco volgarizzata dal marchese Marc'Antonio Pindemonte, Verona, 1776.djvu/48

Fosse in me, già pagar Colco la pena,
E del Re qui vedresti il capo, e l’armi
Ma da gli anni sopito in me languisce
L’ardor primiero, e la mia prole ancora
Non a regger altrui, non a la guerra,
E non al mare atta esser può. Tu nostro
Onore, cui non manca ardire, e senno,
Vanne, e ’l periglio incontra, e a l’are Greche
De l’avito Monton rendi lo stame.
Con tali detti il giovin forte a l’opra
Accende, e poi di chi comanda in atto
Tace; e ben fa, che con alterni colpi
Là nel Scitico mar s’urtano ſempre
Le Simplejadi acute, e non paleſa
Che del vello Frisseo custode orrendo
Con molte lingue è fier dragon, cui spesso
Da’ penetrali suoi con cibo e versi
Del Re la figlia fuor chiamava, e miele
D’esterno