Pagina:L'Argonautica di C. Valerio Flacco volgarizzata dal marchese Marc'Antonio Pindemonte, Verona, 1776.djvu/47

Niun de prischi guerrier vanto s'eguagli,
Non mi negar, gli dice, e me seconda.
Ben sai, come di sangue a noi congiunto
Fuggisse di Creteo gli altar nefandi
Frisso, che poscia da l’infido Aeta
Cui la Scitia è soggetta, e ’l freddo Fasi,
Ne l’ospitali stanze (o del gran Febo
Infamia eterna!) di solenne mensa
Fu tra le feste indegnamente ucciso.
Ne da tal nefand’opra il Re crudele
Di noi memoria, o riverenza a’ Numi
Raffrenar già poteo. Non sol ciò narra
Messaggiera la fama; io stesso, io stesso
Lui piagnente sognando ascolto, e miro.
Con quai gemiti oimè, con quai singulti
L'ombra sua sanguinosa, e la sorella,
Novello del mar Nume, ognor mi desta!
Deh se qual era pria, l’antica possa