Pagina:L'Argonautica di C. Valerio Flacco volgarizzata dal marchese Marc'Antonio Pindemonte, Verona, 1776.djvu/46

Fama del forte eroe, l’alta virtude
Non grata ad un Tiran, lo cruccia, e l’ange.
Spinto da tai timori il suo periglio
Prevenir tenta, e in cor rivolge e pensa
Inganni occulti, onde rimanga estinto
D’Esone il figlio, e le opportune vie
Medita seco stesso, e ’l loco, e ’l tempo
Per dargli morte. Ma non più son guerre,
Nè più le Greche ville alcuno infesta
Moctro; ad Alcide omai chiude le tempie
Del leon di Nemea l’orrido ceffo:
Nè più gli angui di Lerna Arcadia teme;
E già di Creta al toro, e ad Acheloo
Infrante fur le corna. Alfin gli piace
Del mare a l’ira esporlo. Il chiama un giorno,
E con placido sguardo, e fronte lieta,
Con parlar di lusinghe e fraudi pieno,
Tale bell’opra, e tal fatica, a cui