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voro di regnare — il loro seguito, la loro mano dritta, i loro migliori discepoli. — In tutto questo, diciamolo ancora una volta, non c’è nulla di arbitrario, nulla di «fittizio»; l’«opposto», questo è artificiale; è allora che la natura è stata distrutta... L’ordine di Caste, la «divisione dei ranghi», non formulano che le regole supreme della vita medesima: la divisione dei tre tipi è necessaria per conservare la società, per render possibili i tipi superiori e supremi — la «disuguaglianza» dei diritti è la prima condizione per l’esistenza dei diritti. — Un diritto è un privilegio. Nel suo modo di essere ognuno trova anche il suo privilegio. Non stimiamo troppo bassi i privilegi dei «mediocri». A misura che la vita si eleva, si presenta più dura, l’impertinente aumenta ed aumenta la responsabilità. Un’accurata coltura è una piramide: non può erigersi se non sopra una larga base, abbisogna come condizione essenziale, di una parte di mezzo sana e fortemente consolidata. L’ufficio, il commercio, l’agricoltura, la «scenza», gran parte dell’arte, in una parola, tutte le occupazioni quotidiane non possono andar d’accordo nel potere e nel volere; tali cose non sarebbero al loro posto tra gli esseri eccezionali; l’istinto necessario starebbe in contraddizione tanto con l’aristocratismo, quanto con l’anarchismo. Per essere una pubblica utilità, una ruota, una funzione, è necessario esser da lungo tempo a ciò predestinato: non è «in nessun modo» la società, la specie di felicità accessibile alla maggioranza, ciò che fa di questa maggioranza macchine intelligenti. Per la mediocrità, essere mediocrità è una felicità; l’abilità in una sola cosa, la specializzazione è per essi un istinto naturale. Non sarebbe dunque degno di uno spirito profondo, vedere un’obbiezione nella stessa mediocrità. La mediocrità è la «prima» necessità perchè possano esistere eccezioni: da essa dipende una coltura elevata. Se l’uomo eccezionale tratta le mediocrità con più dolcezza che sè stesso ed i suoi pari, ciò non è solo un’intima cortesia; è semplicemente un «dovere».... Chi odio di più io tra la ciurma di questi tempi? La canaglia socialista, gli apostoli della Tschândâla, che rodono l’istinto, il piacere, la gioia dell’operaio di vita modesta, che rendono invidioso l’operaio, che gli insegnano la vendetta... L’ingiustizia non si trova mai nella disuguaglianza dei diritti; si trova nella pretesa a diritti «eguali» Che cosa è il «male?» Io lo