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che i mezzi per dare autorità ad una «verità» lentamente e difficilmente acquisita, sono molto differenti da quelli coi quali si avrebbe la dimostrazione di questa verità. Un codice non espone mai nella sua prefazione l’utilità, la ragione, la casistica delle sue leggi; ciò gli farebbe perdere il tono imperativo, il «tu devi», prima condizione per farsi ubbidire. Proprio qui sta il problema. Ad un certo punto dello sviluppo di un popolo, il suo libro più avveduto, quello che meglio percepisce il passato e l’avvenire, dichiara di stabilire la pratica secondo la quale si deve vivere, ossia secondo la quale si «può» vivere. Il suo fine è di raccogliere, quanto copiosamente e completamente è possibile, le esperienze delle cattive epoche. Ciò che si deve, dunque, evitare allora principalmente, è la continuazione delie esperienze, il proseguire «in infinitum» lo stato instabile dello studio, dell’esame, della scelta, della critica dei valori. Si oppone a questo sistema un doppio ostacolo, da una parte la rivelazione, cioè, l’affermazione del fatto che la ragione di queste leggi non è di origine umana, che non è stata cercata e trovata lentamente, con errori, ma che è di origine divina, intera, perfetta, senza storia, che è un dono, un miracolo, che è stata semplicemente riferita... Dall’altra parte la «tradizione», cioè, l’affermazione del fatto che la legge esiste da tempo immemorabile e che porre questo in dubbio sarebbe una mancanza di rispetto, un delitto contro gli antenati. L’autorità della legge è fondata sopra queste due tesi: Dio l’ha data, gli antichi l’hanno «vissuta». La ragione suprema di questo procedimento si rivela nell’intenzione di allontanare a poco a poco la coscienza dalla vita, nella quale si è riconosciuta l’obbligazione (cioè, dimostrata con un’esperienza enorme e accuratamente vagliata); così è che si ottiene il completo automatismo dell’istinto — condizione prima di ogni abilità, di ogni perfezione nell’arte della vita. Compilare un codice a guisa di quello di Manù, significa d’allora in poi concedere ad un popolo il diritto di esser maestro, di farsi perfetto — di ambire all’arte più sublime della vita. Per ottener questo è necessario renderlo incosciente; questo è il fine di tutte le sante menzogne.

L’«ordine delle caste», la legge suprema e dominante, non è che la sanzione di un «ordine naturale», di una legge naturale di prim’ordine, sulla quale non ha potere