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questo mezzo attirò a sè tutto quanto v’era di «mancato», gli istinti sediziosi, tutti quelli che eran venuti su squilibrati, la feccia e la schiuma dell’umanità. La «salvazione dell’anima» o, in altre parole: «il mondo si muove attorno a me»... Il veleno della dottrina dei «diritti uguali per tutti», questo veleno ha seminato il cristianesimo per primo; il cristianesimo ha fatto una guerra a morte dai più occulti recessi dei cattivi istinti, contro ogni sentimento di rispetto e di distanza tra uomo ed uomo, ed ogni incremento di cultura; del «ressentiment» delle masse si è fatto la sua «arma principale» contro di noi, contro quanto v’è di nobile, di gaudioso, di magnanimo sulla terra, contro la nostra felicità in terra. Il concedere l’immortalità ad un Pietro o ad un Paolo qualunque fu fino ad oggi l’attentato più enorme e più perfido contro l’umanità «nobile». E non giudichiamo di poco momento la fatalità che dal cristianesimo scivolò fin nella politica. Attualmente, nessuno conserva l’audacia dei privilegi, dei diritti di dominazione, del sentimento di rispetto verso sè stesso, e verso il prossimo, del «pathos della distanza». La nostra politica è «malata» di questo difetto di coraggio! L’aristocrazia del pensiero è stata la più nascostamente minata dalla menzogna dell’eguaglianza delle anime, e se la fede nei «diritti della maggioranza» promuove rivoluzioni, e le «promuoverà», è il cristianesimo — non dubitiamone — sono le valutazioni cristiane che trasformano ogni rivoluzione in sangue e delitto. Il cristianesimo è un’insurrezione di tutto ciò che striscia contro tutto ciò che vola. L’evangelo dei «piccini» «torna» piccolo.


XLIV.


Gli evangeli sono documenti inapprezzabili come testimoni della corruzione, già costante, «nel seno» stesso delle prime congregazioni. Ciò che più tardi San Paolo condusse a buon porto, col suo logico cinismo da rabbino, non fu tuttavia che un fenomeno di decomposizione che cominciò colla morte del Salvatore. Gli Evangeli non possono esser mai letti con sufficienti precauzioni: ogni parola offre la sua difficoltà. Confesso, e mi si sarà grati, che, per questa stessa ragione, essi sono per il psicologo un piacere di primo ordine, il «contrasto» di ogni cor-