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Credere nella sincerità di San Paolo, che ebbe per patria la sede principale del razionalismo storico, quando con un’allucinazione si procurava una «prova» della sopravvivenza del Salvatore, e credere anche il fatto che fu «lui» che ebbe quell’allucinazione, sarebbe una vera «niaiserie» per un psicologo. San Paolo voleva il «fine», «quindi» voleva anche i mezzi.... Ciò che egli stesso non credeva, lo credettero gli idioti tra cui gettava lo «sua» dottrina. Il «suo» bisogno era il «potere»; con San Paolo, il sacerdote volle ancora una volta il potere; non poteva servirsi d’altro che d’idee, di insegnamenti, di simboli, che tirannizano le moltitudini e formano il gregge. Che cosa prese più tardi Maometto dal Cristianesimo? L’invenzione di San Paolo, il suo mezzo di tirannia sacerdotale per formare il gregge: la fede nell’immortalità; cioè «la dottrina del giudizio»!


XLIII.


Quando il centro di gravità della vita non si pone «nella» vita, ma nell’«al di là» — «nel nulla» — si è spostato alla vita il suo centro di gravità. La gran menzogna dell’immortalità personale distrugge ogni ragione, ogni natura nell’istinto: tutto ciò che vè negli istinti di benefico e di vitale; tutto ciò che promette l’avvenire desta ora diffidenza. Vivere in modo da non aver «ragion» di vivere, «questo» si muta ora nella ragione della vita... A che serve lo spirito pubblico, a che serve la gratitudine per la nascita, per gli antenati, a che serve aiutare, aver fiducia, occuparsi del benessere generale, ed incoraggiarlo?.... Altrettante «tentazioni», altrettante «deviazioni dal retto sentiero»; «una sola» cosa è necessaria.... Che ognuno essendo anima «immortale», abbia un grado eguale ad ognuno, che nella comunione degli esseri, la «salvazione» di «ciascuno» possa richiedere un’importanza eterna, che i bachettoni, zimbelli per tre quarti, abbiano il diritto di immaginare che per essi le leggi della natura si infrangono senza posa: una gradazione tale di tutti gli egoismi fino all’infinito, fino all’«insolenza», non può esser fatta segno a sufficiente disprezzo. Ciò non pertanto il cristianesimo deve la sua vittoria a questa lusinga, — degna di pietà, — della vanità personale; con