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deve «venire», di un «regno dei cieli» «al di là», di un «figlio di Dio», «seconda persona» della Trinità. Tutto ciò è — mi si perdoni l’espressione — il pugno nell’occhio — oh, in quale occhio! — del Vangelo: un «cinismo storico» nell’insulto del simbolo... Pertanto si vede chiaramente — non tutti lo vedono, ne convengo — ciò che si indica con i segni di «padre» e di «figlio»; la parola «figlio» esprime la «penetrazione» nel sentimento della trasfigurazione generale di tutte le cose (la felicità); la parola «padre», «questo stesso sentimento», il sentimento di eternità e di compimento. Mi vergogno di ricordare ciò che la Chiesa ha fatto di questo simbolismo. Non ha introdotto questa, una storia d’Anfitrione nella soglia della «fede» cristiana? E inoltre un dogma dell’«immacolata concezione»?... «Ma con questo maculò la concezione»...

Il «regno dei cieli» è uno stato del cuore, non qualcosa che stia «al disopra della terra» o che venga «dopo la morte». Nel Vangelo «manca» ogni idea di morte naturale; la morte non è nè un ponte, nè un passaggio, manca perchè fa parte di un mondo apparente, completamente diverso, utile solo per segni. L’«ora della morte» non è una idea cristiana; l’«ora», il tempo, la vita fisica e la sua crisi, non esistono neppure per il maestro della «buona novella»... Il «regno di Dio» non è una cosa che si aspetta, non deve avere ne passato ne avvenire, non viene fra «mille anni»; è una esperienza in un cuore; è da per tutto, e in nessun luogo...


XXXV.


Questo «grandioso messaggero» morì come aveva vissuto, come aveva insegnato; non «in qualche modo» per «salvare gli uomini», ma per mostrare come si deve vivere. La «pratica» questo lasciò agli uomini: il suo contegno davanti ai giudici, davanti ai carnefici, davanti ai suoi accusatori, davanti ad ogni sorta di calunnie e d’oltraggi, il suo contegno sulla «croce». Non reagisce, non difende il suo diritto, non muove un passo per allontanare da sè l’estremo pericolo, ma lo «provoca». Prega, soffre ed ama con quelli che lo maltrattano. «Non» difendersi, «non adirarsi», «non» cercar responsabili... Ma non resistere al male: «amarlo»...