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nieri ed indigeni, tra giudei e non giudei («il prossimo», propriamente il compagno di fede, il giudeo). Non si annoia con nessuno, nè disprezza nessuno. Non si presenta ai tribunali nè si lascia mettere a contribuzione («non prestar giuramento»). Non permette di separarsi dalla moglie in nessun caso, neppure nel caso di infedeltà provata. — Tutto ciò è in fondo un principio, tutta la conseguenza di un istinto. — La vita del Salvatore non fu altro che «questa» pratica, tuttavia la sua morte fu altra cosa... Non aveva bisogno di formole nè di riti per le relazioni con Dio, e neppure di orazioni. Rifiutò tutti gli insegnamenti giudei del pentimento e del perdono; sa che soltanto con la «pratica» della vita uno si sente «divino», «felice», «evangelico», sempre «figlio di Dio». Il «pentimento», l’orazione per il perdono» «non» sono le vie che menano a Dio: «solo la pratica evangelica» mena a Dio, essa sola è «Dio». Quello che fu «detronizzato» dal Vangelo fu il giudaismo delle idee di «peccato», di «perdono dei peccati», di «fede», di «salvazione con la fede», tutta la «dogmatica» giudaica fu negata nella «buona novella».
L’istinto profondo del come si debba «vivere», per sentirsi «nel cielo», per sentirsi «eterno», intanto in quanto con nessun altra condotta, in nessun modo uno si sente «nel cielo», questa soltanto è la realtà psicologica della «redenzione». Una vita nuova, «non» una nuova fede...
XXXIV.
Se comprendo qualche cosa di questo gran simbolista, è il fatto che prese soltanto per realtà, per «verità», le realtà «interne», e che per lo più tutto ciò che è naturale, tutto ciò che ha rapporti col tempo e con lo spazio, tutto quello che è storico, lo comprendeva solamente come segni, come spunti di parabole. L’idea di «figlio dell’uomo» non è una persona concreta che forma parte della storia, un qualche cosa di individuale, di unico, ma un fatto «eterno», un simbolo psicologico, libero dalla nozione di tempo. Lo stesso accade anche, ed in un senso più elevato, rispetto a «Dio», a questo simbolista tipico, al «regno di Dio», al «regno dei cieli», alla «filiazione di Dio». Nulla è meno cristiano delle «rudezze ecclesiastiche» di un Dio «personale», di un «regno di Dio» che