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nascita, il potere, la bellezza, l’affermazione propria sulla terra, fu necessario che l’istinto di «réssentiment», fatto genio, inventasse un «altro» mondo, rispetto al quale, quella «affermazione della vita», ci apparisse come il male, come la cosa riprovevole in sè stessa.
Esaminato psicologicamente, il popolo giudeo è quello che possiede la forza vitale più tenace, che posto in condizioni impossibili, prende liberamente con una profondissima saggezza di conservazione, il partito di tutti gli istinti di «décadence», non perchè sia dominato da essi, ma perchè indovina in essi una forza con cui potrà raggiungere il suo obbietto «contro» il «mondo». I giudei sono l’opposto di tutti i «décadents»: han dovuto «fare i decadenti» fino all’illusione, hanno saputo porsi alla testa di tutti i movimenti di «décadence» con un «non plus ultra» del genio del commediante (come nel cristianesimo di San Paolo) per fare di essi qualche cosa che fosse più forte di tutti i partiti che «affermano» la vita. Per quella classe di uomini che nel giudaismo e nel cristianesimo aspirano al potere, la «décadence» è un modo «sacerdotale», solo un «mezzo»: questa classe di uomini ha un vitale interesse nel render malata l’umanità, e nell’attribuire un senso pericoloso alla vita, un senso calunniatore del mondo, alle nozioni di «buono» e «cattivo», di «vero» e «falso».
XXV.
La storia d’Israele è inestimabile come storia tipica della «denaturalizzazione» di tutti i valori naturali; di essa indico cinque fatti. Primitivamente, soprattutto nell’epoca dei re, Israele si trovava, rispetto a tutte le cose, in una relazione «giusta», cioè, naturale. Il suo Javeh era l’espressione del sentimento del potere, della gioia in sè, della speranza e salvezza, con esso si aveva fiducia nella natura, che dà ciò che al popolo bisogna: anzitutto la pioggia. Javeh è il Dio d’Israele e perciò Dio di giustizia.
È la logica di ogni popolo che ha il potere e la coscienza tranquilla. Nel culto solenne si mostrano questi due lati dell’affermazione propria ad un popolo: si mostra grato per i grandi destini che lo elevarono al potere, ed è riconoscente per la relogarità della successione delle