Or s’innalza or s’abbassa 320Sovra le negre schiene
La lunghissima e sciolta
Lor rossiccia criniera.
D’un monte alle radici
Ecco il limpido lago 325Di Chiana: da lontano
La Ninfa riconosce
Di Cerere la figlia,
E al rapitor tentando
Chiuder il passo, grida 330Con imperiosa voce:
«Fermati, se pur vuoi
Toglierti all’ira ultrice
Del genitor Nettuno!»
Ma Pluto con furente 335Sicura e ratta mano
Scaglia lo scettro ferreo
In seno all’onde chiare
Dell’importuna Ninfa.
L’acque si apriro in cerchio, 340E riverenti al grido
Gl’intrepidi cavalli
A capo in giù, col carro
Lanciaronsi nell’onda,
Che l’ingoiò e sovr’essi 345Si chiuse immantinente,
E ritornâr qual pria,
Le mute onde, tranquille.
Solo galleggia il roseo
Cestello della vergine 350Sul limpidetto lago,
Che dal suo sen disgiunto
Fu dall’acque sol quando
Il tenebroso carro
Innabissò nel lago. 355Galleggiante sull’onde
Quel cestello parea
La vespertina stella,
Allorquando si mostra
Radiosa inver l’occaso, 360All’or che il sol discende
Nel fiammeggiante mare,
E quasi la diresti
Rinascente fenice,
Che dal suo cener sorge 365Nell’olezzante rogo,
Cui la vicina notte
A spegnere non tarda.
Ma Cerere frattanto
Ritornata all’antico 370E solito soggiorno,
Ode la figlia misera
Da ignota man rapita.
«Ahi! perchè, Fato avverso,»
Così dicea piangendo, 375«Perchè mai lacerare
Materno cor! Io vidi
Suoi fanciulleschi vezzi
E ne godeva: ahi lassa!
Adulta or me la togli. 380Di qual misfatto in pena
Tal castigo mertai?
Forse tu mi punisci
Perchè superba e lieta
Di tal prole n’andava? 385Che forse, cieca madre,
Trascurava i doveri
Che imponesti alla Dea?
Che forse a lei d’appresso
E d’ogni altro dimentica 390Ampie messi negai
All’estreme contrade
Del popolato mondo?
Il rapitor ben scelse
Il dì festivo, in ch’io 395Ad ascoltar nel tempio
Stommi del villanello
Le calde preci e i voti:
Qual uomo, anzi qual Dio
Osato avria rapirla 400A me vicin? difesa
Il mio petto l’avría
Contro l’Olimpo intero!...