Stupisce e trema Adone
Nel rimirar tal mostro,
Orrendo al par di quello
Con qual pugnò felice 325L’audace Meleagro.
Il giovinetto eroe
A tal pensier si sente
Rinascere nell’alma
Il solito valore, 330E acuto dardo scaglia
Al mostro, che pel duolo
Urlando e dalle fauci
Sangue spargendo e tabe,
Assale il feritore. 335Questi sagace schiva
I colpi delle zanne,
E colla cruda lancia
Nel collo lo ferisce.
Ed ecco il mostro orribile 340Starsi giacente in terra.
Ma innanzi tempo gode
Di non piena vittoria
Il cacciator superbo:
Chè il mostro, raccogliendo 345Sua forza estrema, fiede
Con furibondo dente
Del vincitore il fianco.
Adon, furente e cieco
Il suo dolor non cura 350E a replicati colpi
Il suo nemico uccide.
Ma breve fu la gioia
Di sì bella vittoria,
Chè Adon pervenne appena 355Al placido ricinto
Di Citerea, che privo
D’ogni forza cadeo.
E Venere frattanto,
Accelerando il volo 360De’ suoi candidi cigni,
Giunge e in un punto istesso
Scorge l’ucciso mostro,
E Adon che steso giace
Nel proprio sangue intriso. 365La Diva a tale aspetto
Precipita dal carro,
E sbigottita corre
Al giovine diletto.
Con alta voce grida: 370Adone! Adone! e cupa
L’alta romita selva
Adon, ripete, Adone.
Il giovinetto a stento
I mezzo estinti lumi 375Volge cercando donde
Mesta venía tal voce.
Presso l’amante giunge
La Diva e, inginocchiata
Tenta col velo chiudere 380L’ampia ferita, e il sangue,
Che quasi fonte sgorga,
Pronto arrestar, ma invano,
Chè tanto il vel non puote.
Allor la Dea sollecita 385La folta chioma snoda,
Coll’alito la scalda,
Sulla piaga la preme,
Ma invano. Ed allora
Piangendo esclama: «Il Fato 390Vuole, o Adon, che tu muoja:
Ma tu m’ascolta, o amico,
In questo istante estremo:
No, tutto non morrai!
Gloria acquistar cercasti, 395E d’ora in poi tu chiara
E eterna te l’avrai.
Di Venere le feste
In avvenir il nome
D’Adonide s’avranno. 400Te vedrassi ne’ tempj,
In su gli altari miei
Presso a Ciprigna sempre.
Lo sappiano gli Dei,
Lo sappia il mondo intero