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L’ANEMONE


L’irremovibil Fato,
     Non che all’uomo, agli Dei
     Negò, che liete sempre
     L’ore e i giorni scorressero.
     5E se la vita tua
     Al colmo fosse giunta
     Del bello e della gloria,
     Non già statti securo
     In preda ad alta speme!
     10Chè tua fiorente vita
     Forse languir vedrai
     Pria che fugga la state.
     E così avvien talora,
     Che de’ fior la reina,
     15Nata all’aurora, turbo
     A mezzo ’l dì repente
     La svelga, e lunge slanci
     Dal cespuglio nativo.
— «Perchè negli occhi tuoi,
     20Diletto Adone, io scorgo
     Una stilla di pianto,
     A stento e mal repressa?» –
     O fra le Dive prima!
     Del mio dolor cagione
     25È d’esserti vicino
     La non mertata sorte.
     E come mai non piangere,
     Allor che quest’oscuro
     Inglorïoso braccio
     30Avvolge le divine
     Avvenenti tue forme,
     A cui vien men pur anco
     La favella de Numi!
     Quanto t’invidio, o Alcide!
     35Tu al gran Tonante appresso
     E pugnasti e vincesti
     I rubelli Titani.
     E a te gli Dei concordi
     Dieder gloriosa palma
     40D’aver tornato il regno
     Al figliuol di Saturno.
     E se fra Dei, mortale,
     Siedevi ad Ebe sposo,
     In te vider gli Dei
     45Dell’uman seme il primo.
     – «E che? vorresti forse
     Ch’abbandonato fosse
     Da noi l’Olimpo ancora?»
     Sorridendo rispose
     50D’amor la Dea: «La guerra
     Arda di nuovo il cielo,
     Adon, per certo, l’armi
     Tu prode impugnerai,
     E in alta fama uscito,
     55Il difensor sarai
     Di tua tenera amante.
     E io con questa mano
     A tutti i Numi innante
     Intreccerò del mio
     60Amato Adon la chioma.
     Ma poi che ’l Fato immobile
     (Che anco i Numi governa
     Imperïosamente)
     Propizia o noi comparte
     65Giorni di lieta pace;
     Godi solo in amarmi,
     Ed a fruir le gioje,
     Che a te preparo, pensa;
     Ogni cura, deh! lascia
     70Dell’avvenire incerto.