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     155Dell’onde cristalline,
     E là, sorpresa, scorge
     L’immagine d’un Nume!
D’alto spavento piena
     All’improvvisa vista
     160Torce lo sguardo e preme
     Le morbidette guancie
     Contro alla dura scorza
     Della ruvida quercia,
     Che colle braccia serra...
     165Ma dal terror rimessa,
     A sè stessa dicea:
     «Di che pavento io mai?
     Fu quel che vidi, forse
     Un mostro minaccioso?
     170No. Vidi un Dio, di grave
     E maestoso aspetto;
     E forse affettuoso
     Ed amorevol era;
     Ma so, ch’oltre misura
     175Era vezzoso e bello.
     È ver, che ’l volto quasi
     Femminil rassembrava;
     Ma sono alle mie pari
     E virili le spoglie.
     180Ed il volto ch’io vidi,
     È l’immago d’un Nume.
     Non sono anch’io figlia
     D’una possente Dea?
     Egli è forse signore
     185Di queste limpid’acque,
     Ovvero.... Il Re dei mari,
     E Giove istesso apparvero
     A vergini terrestre!»
Sì dice, e timidetta
     190Il vago volto inchina
     Ver l’onde cristalline;
     Ma pallida e tremante
     Di bel nuovo lo sguardo
     Ritorce ancor. Poi salda
     195In sua ragion già fatta,
     Narcisa incoraggissi
     E contemplar risolse
     Ciò che nell’onde appare.
«Oh! Dio! che vegg’io mai!
     200Chiare là veggo espresso
     Le materne sembianze:
     Ecco l’altiera fronte,
     E l’animato sguardo
     Di Diana è quel ch’io miro!
     205Ecco sue vaghe forme!
     Erro.... o saresti mai
     Del Dio di Delo un figlio?
     Fors’è la genitrice
     Che a me ti guida, e teme
     210Che l’unica sua figlia
     Ad un mortal s’abbassi.
     Oh! caro padre mio,
     Qual fora ’l tuo contento
     In rimirar, qual brami,
     215Sott’il paterno tetto
     I tuoi nipoti, scesi
     Da origine divina!
     Ma sogno!.... egli mi guarda
     Soavissimamente!
     220Le semichiuse labbra
     Mi svelano anelanti
     In parole di fuoco
     Il tenero amor suo.
     Come amorosamente
     225Le braccia a me protende!
     Lascia le acquose stanze;
     Lascia quell’antro tuo,
     E quant’io t’ami, allora
     Dolce amor mio, saprai.
     230Ma tu non vieni? Forse
     D’uopo t’è usar contegno
     A te Nume, chiamato
     Da vergine mortale?
     O forse a te non lice,
     235Signor di questo lago,
     Venirne a terra mai?
     Oh Dio! chi mi rapisce
     L’amato Signor mio?