Gioconda fanciullezza,
Ignari della vaga
Focosa gioventude,
Qual Oto ed Efialte, 5Già nacquero giganti.
«Ma quel portento ancora
Tosto m’uscì di mente,
Quando agli sguardi miei
Terzo ne apparse un altro 10Più grandïoso assai.
Purpurea luce stendesi
Dalle dorate porte
Dell’alba, ver la cima
Dell’isola novella, 15Quasi un arco gigante,
Ch’a poco a poco innalzasi
E scende a poco a poco;
Ei nell’azzurro seno
Del mare si riflette, 20E par novella luna
In rovesciato cielo.
«Ecco da’ lidi Eoi
Escono dell’Olimpo
L’eterne abitatrici, 25E su quel ponte incedono
A due a due, recando
De’ ramuscelli in mano,
Ver la sublime rocca.
Apre lo stuolo augusto 30La figlia di Taumante
Col variopinto velo,
Che muove a grado il soffio
De’ Zeffiri scherzosi;
Lo chiude, andando sola, 35Alteramente Giuno.
Che facessero, entrate
Nel sempre-verde bosco,
Niun ridirlo potria;
Ma allor che ritornaro 40Alle celesti stanze,
Quell’arco maestoso,
Abbandonato il cielo,
Calossi a poco a poco
Ver la silvestre rupe, 45E sua purpurea luce
Sulla cima posando,
Alle lontane navi
Era di scorta amica.
«Ma niuno osò varcare 50Il bipartito fiume,
Nè vide mai quell’isola
Orma di piede umano.
Tanta temenza imposero
Gli avvenimenti strani.» 55Qui la sacerdotessa
Si tacque. Risvegliossi
In ogni cor la speme.
Come sagrificato
Ebbero al poderoso 60Dominator de mari,
A seconda dell’onde
Costeggiando il Dorisco
Bel verdeggiante campo,
S’approssimaro trepidi 65E con sacro terrore
All’isola novella:
Non porto, non sentiero
Trovâr che li guidasse
Alla dell’alto scoglio 70Misterïosa cima.
Così seguiro in vano
Dell’isola l’intiera
Occidentale sponda;
E pervenuto al luogo, 75Ove ambedue le braccia
Non forman ch’un sol fiume,
I pellegrin devoti
Sacrifican di novo
All’alto Re dell’onde, 80E varcano sicuri
L’orïentale sponda
Dell’isola temuta,
La corrente forzando.
E percorsa la via