E benchè al mio tornare
Le sorelle a vicenda
Di me si befferanno,
Che dopo gran ricerche 235A vuote mani io rieda,
Risolvermi non posso
A separarvi, amici!»
E dopo che mirati
Gli ebbe di nuovo ancora 240S’allontanò la Dea.
Allo sturbato amico
Sì disse la violetta:
«Tu mesto, anzi adirato
Sei dell’inaspettata 245Mancanza di successo!
Ma dimmi, dolce amico,
Vorresti tu seguire
Un nuovo mio consiglio,
Che condurrà, te ’l giuro, 250Il gran disegno tuo
Alla bramata fine?
Svelli tu ora dal suolo
L’intera pianta mia,
E recala alla Diva. 255Son pronta ad immolarmi
Per renderti felice;
Ma se t’arrendi, amico,
Al mio consiglio, è d’uopo
Che tosto tu lo segua.» 260Di gioia trasportato,
L’augello, frettoloso,
Sveglie dal sen materno
L’amico fiore, siegue
La giovanetta Dea, 265E intorno a lei volando,
Scioglie la voce sua
In inaudite note,
Finchè, meravigliata,
Ella la testa volge, 270E vede il capinero
Recarle il vago fior.
La Diva, intenerita,
Stendendogli la mano:
«Non vo’ privarti, disse, 275Della compagna tua.
Voi rimarrete insieme
Sempre da me: tu, caro
Mio fior, ne’ dì festivi
M’adornerai la chioma; 280E tu, cantor sonoro,
Me e le sorelle mie
Ognora seguirai
Inseparabilmente,
Saltellando a tua posta 285Dall’una man nell’altra,
O a riposar, se il brami,
Sovra del nostro seno.