Il vago cigno scelse
E tra i fiori la rosa;
Giunone il tulipano 70E l’occhiuto pavone;
E delle oscure selve
La solitaria Dea
il garofano ameno
E ’l rapido falcone. 75Non dubbio v’ha che sieno
Degni di tal ventura:
N’è degno il bianco cigno
Per la bellezza sua,
Il fulgido pavone 80Pel lustro delle piume,
E l’audace falcone
Per l’altissimo volo.
Ma cedono essi tutti
Nel canto a me, sì come 85Ti cedono quei fiori
Nello squisito odore.
E perchè, di’, noi soli
Tra i fiori e tra gli augelli
Vita viviamo oscura 90Negletti e tralasciati?»
«T’accieca, gli rispose
La candida vïola,
Il tuo per me soverchio
Amor, se me compari 95Alla vezzosa rosa,
Ch’è quasi ambrosia pura.
E se la scelse Venere,
Bene a ragion la scelse,
Di tanto gli altri avanza 100Leggiadri fior, la rosa,
Di quanto avanza l’altre
Del cielo abitatrici
La stessa Citerea.
Io di mia sorte vivo, 105Dolce amico, contenta
Qui nell’umile grembo
Della terra natia,
Scevra d’affanni e cure;
Ignota sì, ma in cambio 110Dall’insidie sicura
Della sempre inquieta
Invidia dai cent’occhi;
Ignota sì, ma non tanto,
Che, per ornar la folta 115Sua chioma, non mi scelga
La vaga pastorella,
Che si prepara al ballo.
L’oscuritade mia,
Non che venirmi a noia, 120M’è cara e mi fe’ ricca
Dell’amor del più vago
E più dolce cantore1
Dell’alma primavera.
«Non desiare, amico, 125Stato che cuopre e asconde
Con lusinghier splendore
E cure e noje e danni.
Se pur Nume propizio,
Rimunerar volendo 130Il saldo merto tuo,
Te per compagno sceglie,
Sai tu qual sia tua sorte?
Scorrere i giorni tuoi
Tra lo splendor vedrai 135Insieme col superbo
Di Giove messaggiero,
Insieme coll’altiero
favorito di Giuno.
Uso finor tu sei, 140Che allor che canti, il fiume
Il campo e la foresta
T’ascoltino silenti,
T’ascoltin l’aure e i venti.
Or pensa se a te dato 145Fora con lieta mente
Veder, che, mentre incanti
↑Si suppone dall’autore che il rosignolo non esista ancora.