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LA VIOLA


Un dì, che Citerea
     Vide le praterie
     Della diletta Rodi
     Riccamente vestite
     5Di vaghe e fresche rose,
     Risolse quel bel fiore
     In Pafo sua recare.
     E colle tre sorelle
     Percorre lietamente
     10Di Rodi le vallee,
     Ed a tal uopo sceglie
     I più robusti steli.
Ripiena già di rose
     La risplendente conca,
     15Così Talia dicea:
     «Tu trasportare in Pafo
     Vuoi la diletta rosa;
     Consenti a noi che a un tempo,
     Scelto il fiorel più caro,
     20Ornar possiamne il tuo
     Giardino dilettoso:
     Che non vi scorsi mai
     L’amato mio giacinto.»
     E soggiungeva Aglaja:
     25«Nè io mai l’azzurrino
     Mio caro fioraliso.» –
     «E benchè spunti in Pafo
     Il mio diletto fiore,
     Soggiunse Pasitea,
     30Non è sì vago e bello,
     Nè spande il grato odore,
     Quale fan quei che sorgono
     In questi ameni luoghi.»
Ciprigna sorridendo
     35Approva l’innocente
     Loro desire, ed esse
     Rapidamente corrono
     Cercando, dove sperano
     Trovar que’ vaghi fior.
     40Venere sta frattanto
     Presso alla conca d’oro,
     In mente sua veggendo
     L’Idalico giardino
     Dovunque ricoperto
     45Di magnifiche rose;
     E colla molle mano
     Carezza il bianco collo
     De’ corridori alati.
Il magico cantore
     50Dell’alma primavera,
     Un vago Capinero,
     Scorgendo dal pendio
     D’un poggio non lontano
     L’aurea conca e Ciprigna,
     55Si volse di repente
     Alla diletta amica,
     Modesta vïoletta,
     E ’l grave suo cordoglio
     In tal guisa scoprì:
     60«Vedi tu là sul colle
     La Diva d’Amatunta
     E la dorata conca,
     Che brilla al par del sole?
     E vedi tu com’ella
     65Carezza i cigni suoi?
     Venere tra gli augelli