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crederanno che ella fosse vittima dello studio spinto al di là del dovere? No: le sue forze morali sarebbero state troppe anche per una più lunga carriera, e lo studio le era sempre sorgente di gaudio e non di fatica, ed in casi simili la natura è molto più forte che la non si crede volgarmente. Non fu per vie così ritorte che il destino la condusse al sepolcro. Si servi di un mezzo più efficace dell’indigenza. Verso la metà dell’ottobre, allorchè il clima di Pietroburgo semina a piene mani nella classe povera i germi delle malattie d’autunno, che forniscono alla morte una ricca messe, Elisabetta che non avea potuto procurarsi un mantello conveniente alla rigidità dell’inverno di questi paesi, venne alle nozze d’una sua parente. Leggermente vestita, dovè aspettare dopo la cerimonia, lungo tempo, una vettura, e trattenersi esposta al freddo e al vento sul peristilio della chiesa. Ella rabbrividì, e da quel giorno apparvero leggeri sintomi della incurabile malattia che la rapì agli amici, alle scienze e alle arti. Da principio, con quella indolenza propria di chi è sano, ella sprezzò i primi segni d’un male che conveniva combattere appena comparso. Il 7 di novembre del 1824 ebbe luogo l’inondazione così funesta a Pietroburgo. Il Vassil-ostrof soffrì più che le altre parti della città, ed Elisabetta avendo corsi pericoli ed il terrore di quella funesta giornata, s’aggravò da quel momento in poi in modo sensibile. Così incominciò quella febbre di languore che divorando a poco a poco la sua vittima, la conduce con lenti progressi al sepolcro e ne fa essa stessa testimonio del suo giornaliero deperimento. I rimedi dell’arte furono vani, e divenne impossibile di salvarla dalla consunzione che la distruggeva. Le auguste madri d’ogni infelice, l’imperatrice Maria e l’imperatrice Elisabetta conoscendo i talenti della giovine Kulmann, ed instrutte dello stato in che si trovava per mezzo dal segretario di Stato signor Longhinos, si affrettarono di farle dare tutti i soccorsi possibili: ma la providenza avea fissata l’ora della sua fine, e l’umano potere non bastò ad allontanarlo.

L’ultimo anno del viver suo ne presenta lo spettacolo commovente di una pazienza eroica, e di una rassegnazione umile e cristiana. Ella