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patria sua. Le poesie di Elisabetta non sono già frammenti lirici, figli d’una effimera ispirazione, nelle quali una idea incerta venga espressa con immagini poste lì a caso. No. Ogni composizione è un piccolo poema, una creazione piena e compita. Non trovate una sola idea che non vi si appresenti sotto i colori più animati e leggiadri. Vi è forza ammirare le sue descrizioni, la lucidità ed il finito d’ogni parte del suo quadro. Ecco come descrive Eudora occupata a comporre un inno in onore di Cerere e Proserpina.

«Le arde la fronte: gli occhi scintillano. Come al tornar di primavera, spuntano a mille a mille i fiori in sul prato, così dal profondo del cuore di lei ella vede sorgere in folla i pensieri da prima e diversi e confusi: gli uni limpidi, nuovi, arditi, feroci e brillanti: gli altri negri, taciturni, sognanti, fecondi, e sublimi; or l’uno domina tutti gli altri per un istante e vanisce; or l’altro al suo primo apparire attrae e ritiene tutto il suo interesse, i suoi voti, tutta l’anima sua: insensibilmente usurpa il luogo agli altri: li distrugge o li sottomette: allarga a poco a poco i confini nel suo vasto dominio, e finisce collo stabilirvi il suo impero.

Siccome un architetto sceglie i suoi materiali per edificare un tempio sacro agli déi immortali, così lo spirito sceglie fra suoi pensieri: li dispone, li raduna e gli unisce per giungere alla sua meta: rivede il suo lavoro: or toglie, or aggiunge: cerca di spargervi dovunque la grazia: non tollera alcun ornamento superfluo: poi postosi in distanza lo contempla finito, resta sorpreso del prodigio che ha creato e sorride chiamandolo opera sua.»

In altro luogo così dipinge il carattere di Pindaro.

«Fra tutti i cantori della foresta, l’usignuolo soltanto non ne imita alcun altro: egli basta a sé solo: producendo a sua posta suoni «armoniosi e diversi, de’ quali modula il canto or tenero, or dolce, or forte, or melanconico, or lieto, secondo i diversi sentimenti che lo animano. È così Pindaro né suoi versi: non assomiglia ad alcun altro poeta: egli è simile all’Asopo, re dei fiumi della Beozia, il quale