Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/28


— 26 —

di quegli eletti. Noi l’abbiamo veduta fin da primi anni della sua infanzia far mostra degli indizi non dubbi delle sue poetiche disposizioni, e il corso del viver suo non fu che un sacrificio non interrotto, offerto alle sublimi inspirazioni dell’arte. Egli è vero che familiarizzata con tanti scrittori distinti, presa di ammirazione per le bellezze delle opere loro, da principio timidamente entrò in una carriera, nella quale non avea veduto in niuna parte la mediocrità: e i primi suoi saggi furono soltanto alcune traduzioni. Ma instintivamente trascinata, fidandosi alle sue proprie ali, cominciò a volare di per sé stessa. Un giorno leggendo una biografia degli artisti più celebri, fu colpita dall’opera gigantesca di Michel Angiolo legando ai posteri la più audace delle sue idee, idea che l’età venture giudicheranno essere ascesa in cielo, e di là ridiscesa in terra onde riposare maestosamente in immense moli di marmo sovra il santuario di un tempio. Questa sublime creazione infiammò il suo spirito poetico così, che le fece credere possibil cosa realizzare qualche opera consimile in letteratura. Sì fatto progetto che da per sé solo era già un’altra inspirazione, non potea nascere che in una mente capace di compire meraviglie, se il destino inesorabile non si fosse compiaciuto di annichilarlo ancora in fiore. Ed in qual modo, senza gli impulsi morali di una forza superiore, quella sete di gloria avrebbe potuto svilupparsi nella mente di una giovine fanciulla cresciuta nell’oscurità e nella indigenza? E nondimeno quel pensiero di gloria spargeva un balsamo consolatore, ideale, sovra quella vita esposta alle più atroci privazioni. Quantunque meno che ogni altro inclinata fosse all’ostentazione, vizio comune alla mediocrità, pure, siccome ogni anima generosa, giudicava nulla potersi paragonare alla gloria di sopravvivere a sé stesso nella memoria degli uomini.

Il primo suo lavoro fu la traduzione delle più belle odi di Anacreonte in russo, tedesco, francese, italiano e latino. Quest’opera fu dedicata all’imperatrice Elisabetta che accolse che accolse benignamente quelle felici primizie di un genio nascente. Per provarle tutta la sua somma ammirazione, incaricò il signor Longhinof, segretario di Stato, di