890Ma un’altra volta disse:
Qui mia città porrò! —
Ridesi di mio sdegno,
E la città sua fonda.
Lo gigantesco schizzo
895Con gigantesca man
Compì il di lui nepote.
Ma pur della vendetta
È giunta l’ora: o venti,
Unitevi con me!
900Sfidiamo la feroce
Ed orgogliosa stirpe,
Vediam, se al furor nostro
Resistere potrà!
Ossequïosi i venti
905Incontanente muovono
Di spumeggianti flutti
Denso e feroce stuol.
E quel spingono incontro
Al Nilo inoffensivo,
910Chiudendogli furenti
Ogni rifugio al mar.
Suo malgrado dai flutti
Sin alle sponde alzato,
Il rio, per non sgorgare,
915L’ampio dorso curvò.
Ma vincitor rimase
Il mar: «Coll’onde tue,
Cittade insultatrice,
Ora t’annegherò.
920Tuoi tanti abitatori,
Tue tante altiere moli
Ch’alzansi tra le nubi,
Ridendo inghiottirò.
Le vicinanze un giorno
925Allo stranier diranno:
Laggiuso d’Alessandro
Alzossi la città.»
Tale del mar la brama.
Ma l’atroce disegno
930Spiacque a Giove, dell’Orbe
Sommo moderator.
Ma nondimeno il lido
Sembra vasta vallea,
Dove in campale pugna
935Millantamil cader.
Vedesi lunga strada
Di abitate capanne,
Svelte dal suolo, in mezzo
Al pelago nuotar.
940Vedonsi alti vascelli,
Non che salire il lido
Del mar, ma penetrare
In seno alla città.
«Che mai cerchi, fanciulla!» —
945La madre: uscì di casa,
Mi lasciò sola: aspetto,
Aspetto, ella non vien.
«Vieni, carina, presto!
Temo di starmen sola,
950La fame mi tormenta,
Già di gelo mi fo!» —
Tale errò mezza morta
Dalla fame e dal freddo
La gente, e l’aria intorno
955Di lamenti riempì.
Ma appena l’agil Fama
Nelle stanze reali