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     Ecco comincia l’inno sacro c grato,
830E con il fumo dell’incenso ascende
Al sereno soggiorno degli Dei.
Coro dei Sacerdoti
     Numi eterni dei cielo!
          L’uman cor, che per noi
          È un nero abisso, a voi
          835È più chiaro del sol.

     La più segreta brama,
          Pensier nell’alma acchiuso,
          Voi discoprite tutto,
          Il male come il ben.

     840Il simulare è vano
          Innanzi agli occhi vostri:
          Vizio ognor parvi vizio,
          Virtude ognor virtù.

     Se nostra brama nasce
          845Da cor verace o falso,
          Lo sapete: e se il merta,
          Il degnate esaudir.

     Donna mortal vorremmo
          Ergere al par di voi,
          850Tra i Lari annoverarla,
          E qual Dea l’invocar.
Capo dei Sacerdoti
     Chiunque, o Dei, v’imita
          Nell’addolcir la vita
          De’ miseri mortali.
          855Apresi ad esso il ciel.
(ai Sacerdoti)
     Se rammentate un solo
          Fatto sublime, figlio
          Di generoso core,
          Frai Dei l’inserirò.
Uno dei Sacerdoti
     860E fra le tante gesta
          Di lei che non ha pari,
          Da qual trarremo encomio
          Da quale incominciar?

     Dov’è lo sfortunato,
          865Che a lei ricorso è invano
          E che da lei partissi
          Con mesto afflitto cor?

     Iside la nomiamo
          Che notte tempo i campi,
          870Dal Nil non inondati,
          Sempre innaffiando va.

     Narriamne solo un fatto.
          In riva, e quasi in seno
          Al mare, d’Alessandro
          875Stendesi la città.

     Irato disse un giorno
          Il mar: «Come? I superbi
          Alfin nell’onde mie
          Le lor case porran.

     880Da secoli quel lido
          È della prole mia
          Dominio, che scherzando
          Tutto copria talor.

     Un dì venne un gigante,
          885Mirò coll’igneo sguardo
          A sè d’intorno e disse:
          Qui mia città porrò! —

     Io fo cenno alla prole:
          Già egli sta da lor cinto;