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530Con piacevole e sommo,magistero!
Splende sull’una e l’altra, qual reina
Su magnifico soglio, l’alma rosa;
Ma variano le tinte dei gradini,
Che ascendon riccamente insino ad essa.
535Nell’una le sue forme e i suoi colori
Vaghi confondono il candido giglio,
Il tulipano pinto, l’aureo stelo,
L’iride onde l’arcobaleno è vinto,
Il purpureo papavero di Cerere
540Ed il garofano caro a Dïana; —
E nell’altra si vedon gareggiando
Il girasol dal largo aurato scudo,
Il narcisso superbo con l’anemone
Leggiadra molto, ma di breve vita,
545La semplice cerulea campanella,
La decorosa imperïal corona
E l’ingenuo e bruno tuberoso.
Ecco gli aurei covon dell’Eleusina
Diva, dell’uman seme alma nutrice!
550E cento arbusti a Pomona sacrati
Colle frutta d’innumeri colori!
     Sul gelsomino dall’argenteo fiore,
Che un dì servigli d’olezzante cuna,
Viene dalle lontane Ercolee moli
555L’augellino gentile, a cui l’Esperidi
Diero tesor di soavi armonie.
Ed ecco tra i fanciulli che il sol tinge,
Venir la bianca gru, che grave imita
Comicamente delle guide il passo.
560Ecco i lontani Etiopi, che in sul capo
E negro e crespo recan di Numidia
Il vago augel dalle ammirande tinte,
O il mostro mezzo augello e mezzo serpe,
Giuoco d’inesauribile Natura!,
565Vedi l’abitator del favoloso
Indo, che tien sovra il superbo pugno
Quel di sua specie unico augel stupendo,
Cui sembrano ôr purissimo le penne,
E i piè sì corti che ne sembra privo.
570Egli fra le rovine, all’uom vietate
Dell’alto inaccessabil Paradiso;
Altra Fenice vieppiù misteriosa,
Due volte ogni cent’anni e muore e nasce.
Seguon i bianchi Cimerian, che ’l sole
575Nei lor campi di ghiaccio tanto amati
Non vedono, ma godonsi il solenne
Spettacol delle aurore boreali:
Siede lor sulla man lesto falcone,
Ch’agita sempre l’ali al volo pronte,
580O barbagianni dall’aspetto strano,
Che voce ha rauca, ed è caro a Minerva.
Ecco del regno alato i fier giganti:
Il casoario dal capo decoroso
E lo struzzo real dal roseo collo.
585All’andamento regio lor si vede
Che dell’alto lor pregio conscii sono.
E tu, che dalle penne porporine
Il nome ricevesti, o immagin vera
D’alta beltà, che i pregi suoi non cura,
590Fenicoptero, che sovrano o pari
Non hai, chiudi la marcia, precedendo
Il simulacro della gran Cibele1.
Cinta di fiori siede l’alta Dea
Sovra soglio di fior, che splende all’ombra
595Di sei palme dalle ampissime foglie,
Foggiate da magnifici ventagli:
E ’l numeroso coro de’ ministri
Così le lodi della Dea cantava:

     Tempo fu, ch’l mortale,
          600Di sua sorte contento,
          I suoi monti dell’orbe
          I limiti credè:

     Li stimava colonne
          Della stellante vôlta,
          605Li credeva la cuna
          E la tomba del sol.

  1. Soprannome d’Iside — Sovrana della terra.