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Non v’ha. L’immagine di Mnemosine1
Coronata di lauro, dall’augusto
Ed inspirato stuolo cinta viene,
455Che maritando il suono della lira
Coll’amena sua voce, così canta:

     L’uomo sovra lo spalto
          Che le città difende
          Mira gemendo i campi,
          460Che percorrea testè:
          Erra, il dì, il suo pensiero
          Fra le natie montagne,
          Varca sognando il patrio
          Lago in frale battel.

     465Così egli, a meste e dolci
          Brame in preda, languisce
          E l’arti belle chiami
          Tu l’uomo a consolar.
          Terpsicore ballando
          470L’ozio di lui rallegra,
          Clio le di lui prodezze
          Fida al marmo immortal.

     Per dissipar suo duolo
          Sulla magica scena
          475Resuscita Talia
          I dì dell’aurea età;
          Melpomene gli svela
          Le facoltà dell’alma,
          Gli svela, e insiem gli insegna,
          480Che non ne dee abusar.

     Per ispander sua gioja
          Nel cor de’ fidi amici,
          Ovver per raddolcire
          Il suo o l’altrui dolor,
          485Tu gli desti compagna
          L’amabil Poesia,
          Che qual nutrice, piange
          E ride col fanciul.
— —
     Deh! forse Giove un nuovo mondo cren?
490Qual folla immensa di pietre, di piante
E d’animai diversi s’appresenta!
Presso al serpentino moltimacchiato
Giace qui il diaspro dalle vaghe zone,
E presso all’eliotropia dai be’ fiori
495Vedi il corallo dalle mille braccia.
Là si mostra l’innumera famiglia
Delle agate diverse variopinte,
Presso al bel lapislazzuli che brilla
In veste tutta ricamata d’oro:
500Il fiammeggiante porfido d’ accanto
All’ondeggiante lattea calcedonia;
E qual fratelli d’indole diversa,
Ma nondimeno ognor fra sè concordi.
Qui splende l’amatista porporina,
505Il lucente giacinto, il ricercato
Crisolito e l’opale colombino.
     Qui radunato direbbesi tutto
Il regno vegetal per aumentare
Dell’insolita festa lo splendore.
510Qual massa immensa e di fiori e di piante
Coi color mille, e i mille vezzi attrae
Il curïoso sguardo e l’incatena!
Ecco quel giunco, che al di là del Gange
Dalle sinora incognite sorgenti,
515Nasce e rinchiude succhi che in dolcezza
Anche sorpassano il sì dolce mele!
Ecco quella bromelia, vaga prole
Dell’Indo sacro, il cui frutto squisito
Non indegno saria d’essere offerto
520Alla mensa de’ Numi! Ecco la pianta
Che del giovine mondo il pan produsse,
Nudritore benigno, e de’ famosi,
Or perduti alberi del Paradiso,
Forse l’unico avanzo! Ecco il melone
525Dalla nitida scorza di smeraldo,
Figlio dell’arenosa Arabia ardente.
Mira quelle piramidi superbe,
Mescolanza de’ più brillanti fiori,
Che l’arte ad uno ad un scelse e dispose

  1. Soprannome d’Iside — inventrice delle belle arti.