Ed in seno a cittade
Popolosa ed immensa
Abbandonata e sola. 55T’empiono, o figlia mia,
Le mie meste parole
Innanzi tempo gli occhi
D’amarissime lagrime,
Ma non volendo io deggio 60Farti mirar d’appresso
Un avvenire incerto,
Onde il tuo cor non ceda
Al terror non atteso
Di mia subita morte. 65Sempre, o figlia, rammenta
Ciò che dirti vogl’io:
Il fato mio qual sia
Sempre sarà conforme
Al provido volere 70De’ benevoli Numi.
Se nell’etade tenera
Privano de’ parenti
Un misero fanciullo
È manifesto segno, 75Ch’essi di propria mano
Voglion condurlo ad alta
Salda prosperitade.
Abbi fiducia in loro.
Se la spoglia materna 80Miri un giorno privata
Di calore e di moto,
Non disperare! Asciuga,
Dopo il primo dolore,
Le tue lagrime, a quella 85Che ti amava dovute,
E va piena di speme
Alla città reale,
Ch’ora il sol tramontante
Ai nostri occhi dinanzi 90D’alto splendor riveste.
Giuntavi, tu domanda
A chi che sia la stanza
Real di Berenice:
Ch’ogni fanciullo puote 95Accennartela tosto.
Quanti la servon, tutti
Compassionevol sono;
Più vicino le stanno,
Più generosi sono: 100Ed il primo è lI migliore,
«Che brami, figlia mia,»
Egli domanderatti.
Senza timor rispondi:
«V’ha molti anni, perdei 105Il genitor guerriero;
Oggi perdei la madre;
Me conduci, ten priego,
Dall’alta Berenice!»
Egli senz’indugiare 110Condurratti da lei.
Se innanzi a lei la tema
La favella ti toglie,
Di compianto sincero
Indubitati segni. 115Non rimirar la pompa
Onde vestita sia:
Ella se n’orna a forza.
Tu le guarda con fede
Fanciullesca negli occhi, 120E crederai mirare
Di tua madre negli occhi.
Ella forse sul tuo
Capo la man ponendo
Diratti: «Tergi il pianto, 125A te madre son io!»
Queste parole udite,
Mesta, ma pur tranquilla,
Traverserò le negre
Inevitabili onde 130Del tenebroso Stige.