«Eccoti ’l guiderdone
del temerario ardire!» 230Indovinando il vile
Lor intrico odïoso,
Non che di sconcertarmi,
Dallo sdegno e dall’ira
Nuova forza prendendo, 235Il suonar mio non cesso.
Negli sguardi di quasi
Tutti dipinta veggo
Compassione sincera
O lusinghier timore. 240Ma gl’immortali Dei
Non abbandonan l’uomo
Che con intima fede
Al lor poter si affida.
Sta la splendida tomba 245di Zaleuco nell’ombra
Di bellissimi pioppi.
Viene dall’un di loro
Grande e vaga cicala,
Tutta zaffiro ed oro, 250Sul mio liuto a posarsi.
Or la musica vuole
Inevitabilmente
L’unico, lungo, forte,
Ripetuto tre volte 255Suon della corda infranta.
Oh meraviglia! il suono
Vien surrogato, chiaro
E pieno, dalla voce
Della dal ciel mandata 260Cicala ajutatrice,
In quello e in altri luoghi
Dell’ammirabile opra.
Solo ritiene il sacro
Orrore, che le ispira 265Lo strano avvenimento,
La numerosa folla
Dal terminare or ora
Senz’indugiare, in mio
Favore la contesa. 270Quando finito io m’ebbi,
I giudici dall’alte
Sedi loro s’alzarono
E, postami sul capo
Una corona d’oro 275Vollero, ch’in memoria
Della vittoria mia,
Il magnifico liuto
Io conservassi, e inoltre
Aggiugner fero a quello 280Una cicala, tutta
Di fin auro e di gemme
Prezïose composta,
E alla partenza mia
Diermi innumeri doni. 285Alla patria tornato,
Di mia vittoria il liuto
Colla ricca cicala
E colla corda infranta
A Giove sacro appesi; 290Coi numerosi e ricchi
Altri doni fui lieto
Di migliorar la sorte
De’ giovani fratelli
E della cieca madre.