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(«É desso!» sospira Ino,
     Dal fratei sostenuta)
     Ei nella valle viene,
     352Che la Tiamide bagna.

«Come? tu vivo? donde
     Ne vieni? Eroe! Duce!
     Ecco la casa mia!
     356Ei mi salvò la vita!

A me salvo lo sposo!
     A me ’l fratel! A noi
     Il genitor! Piangemmo,
     360Caro duce, tua morte!

Oggi riposa il corpo
     Dal camminare esausto;
     Andrem teco domani
     364Alla vicina valle.

Là le superbe nozze
     Si celebran d’Eveno,
     Che con alto valore
     368Tu sull’Apso salvasti.

Egli la doviziosa
     E modesta Ino sposa...»
     Qui lo straniero tacque.
     372Eveno corre a lui.

«Arato, tu? La larga
     Cicatrice ravviso.»
     Lo straniero tacendo
     376Mestamente lo fissa.

«Grazie, benigni Dei,
     Che il conduceste a tempo
     Al nativo suolo!... Ino!
     380Ecco lo sposo tuo!

Tu non hai colpa alcuna!
     De’ parenti l’istanze,
     La creduta sua morte,
     384E l’ignoranza mia,

Che quell’Arato istesso,
     A cui son debitore
     Dell’esistenza mia,
     388Siasi d’Ino l’amante.

Ella sempre fedele
     Ti rimase: da lei
     Mai non udii parola,
     392D’amore indicatrice.

Non ricusar gli amplessi
     Ed i voti d’Eveno! ,
     Quanto promisi, o Arato,
     396Or tutto adempio, il vedi.»


L’OMERIDE AL FIGLIUOLO

A distaccarti impara
     Dagli onori e dall’oro,
     Le tue brame rinchiudi
     4In cerchio angusto e stavvi.

Sua povertà superba
     Ne legò il divo Omero.
     Dando a suoi Re palagi
     8Più splendenti del sole.