Dalla tenera etade
Egli degno mostrassi
Del genitor, cercando
136La società de’ prodi.
Ma nelle selve errando
Non divenne selvaggio,
Vanno sovente uniti
140Valore e cortesia.
Coi compagni già adulti
Il giovanetto un giorno
Ad annua festa assiste
144Della vicina valle.
Tutti ammiran l’ardito
Cacciatore leggiadro,
Colla spoglia vestito
148D’un cinghiale ch’uccise.
Egli vede ballando
Vergine d’alti vezzi:
L’atra spoglia d’un mostro
152Cuna d’amor diviene.
Anche del cacciatore
Il ritratto rimane
Alla donzella in mente;
156Ma l’immagine sua
Sempre presente e chiara
Splende nel cor del prode,
Qual di continuo il sole
160Nelle isole beate.
Un dì, fra le fiorite
Rovine d’arco antico,
L’alma ripiena di ossa,
164Ei la rincontra a caso.
Qual un lampo, il pensiero
Tutto il core gli ingombra:
«Sì, sono amato!» Ei ratto
168All’idol suo sen corre.
Non invidiando i Numi,
Egli a sua valle riede;
Ma per la prima volta,
172Di sua miseria piange.
«Me la rifiuteranno
I ricchi genitori,
L’unica loro erede —
176A chi non ha capanna!...»
Subito nelle valli
Suona il grido di Marte
«Apparecchiate l’armi,
180Tracio stuolo s’inoltra!»
L’intrepido garzone
Colla vanguardia parte,
E l’idolo diviene
184Di veterana schiera.
Egli a sè stesso dice:
«M’ingrandirà la gloria,
Col suo splendido ammanto
188Coprirà mia indigenza!»
Ecco principia l’atra
Sanguinolente zuffa:
Son stupiti i più esperti
192Dal furor del nemico.
A ognun per l’ossa corre
Freddo tremor, veggendo
Del giovine guerriero
196L’indomito valore.
Cuopri l’arena il sangue.
La vittoria s’inchina
Ora dall’uno ed ora
200Dall’altro stuolo incerta.
Il giovinetto aduna
Non copioso drappello
D’altri inesperti amici,
204Ma stranieri al timore: