Sul limitar dell’antro
Il condottiero aggiunse:
«V’è ne’ sereni giorni
Un’ora, dove ’l sole, 725Ver l’occaso già chino,
Un fuggitivo raggio
Manda a quest’ampia grotta.
Viene riflesso il raggio
Da un liscio sasso, quasi 730Da tersa laminetta
D’argento o di fin’auro,
E, qual stella nascente,
Lo bruno speco allegra.
Ne viene anche nel fondo 735La tomba irradïata
In modo che, se credi
Agli occhi, la diresti
Per man di qualche Fata
Possente, inviluppata 740Subito d’una bella
Ed ampia reticella
Di mille fiammeggianti
Variabili diamanti.
Offresi all’improvviso 745Fra tanti grandïosi
E sorprendenti oggetti
Modesta collinetta
Cui, conforme a costante
Tradizïone antica, 750Diero nome di Colle
Della Apparizïone.
Cuopronla quasi tutta
Colla lor ombra i rami
D’antichissimo tiglio, 755Che le radici bagna
Nelle mormoreggianti
Onde di ruscelletto,
Che nato appena, in molte
Cascatelle leggiadre 760Si dirama e ricuopre
Pressochè mezzo il colle.
Là, credesi per certo,
Che le Muse, discese
Dall’Olimpo, degnârsi 765Apparire ad Esiodo.
A man destra dal poggio
Vedesi bella e larga
Altissima caduta,
Che piombando si cambia 770Tutta in argentea polvere
Ed ha nome Ippocrene.
Là le Muse lasciarono
L’alato lor destriero,
Che dell’indugio loro 775Annojato, coll’unghia
Scosse tre volte il monte
E diè principio al fonte,
Ispirator de’ vati.
Intravediam, tra lieve 780Nebbia che titubando
Cinge la lontananza,
Due tempj. Al primo sguardo
Pajono esser entrambi
Fabbricati, uno in cima, 785L’altro sovra il pendio
Della istessa montagna;
Ma, proseguendo i passi,
Tosto si vede, ch’essi
S’alzano su due colli 790L’un dall’altro distanti.
«Scerni tu quella cima
D’insalibil altezza,
Ch’or leggermente velano
Le passeggiere nubi? 795Diresti, ch’appoggiando
L’altiero piè sul capo
Di quei monti vicini,
Ella al cielo si slanci,
Il dentato suo culmine 800Ne’ dì chiari somiglia
A fanciulli aggruppati
In attitudin vaghe,
A trastullarsi intenti.
Se ’l bifolco, del cielo