Lontananza cilestre, 470Una cima dorata
Dominar tutte l’altre
Circonvicine alture
In nebbia avviluppate.
Ella appare qual alto 475Aereo promontorio,
O torre, o gigantesca
Colonna senza base:
Chè la pendice sua,
Vieppiù che gli altri colli 480Ricoperta di nebbia,
Alla vista s’invola.
Ora ascende la via
In angoli fra rupi
Sporgenti, a cader pronte, 485Se allo sguardo tuo credi,
E poi fra già cadute,
Che le tracce nericce
Serpeggianti conservano
Dei folgori di Giove. 490Altre, chiare vestigia
Mostrano di torrenti
Diseccati, ch’orrendo
Terremuoto costrinse
Lasciar l’antico letto, 495E cui s’ode distinto
Lo strepito vicino,
Benchè lo sguardo invano
Cerchi intorno a scoprirli.
Mirabile, possente 500Natura! tu benigna
Anche l’orrore abbelli.
Ecco lo spaventoso
Negro avanzo d’un monte,
Che, un tempo, fu tremendo 505Spiraglio dell’Inferno.
Veggonsi ancor l’orrende
Tracce di que’ torrenti
Di fuoco, che tuonando
Vomitava il cratere; 510Veggonsi con ribrezzo
Lungo i fianchi solcati
Tra la cenere i sassi
Calcinati, che all’etera
Con furore lanciava. 515Eppur qua e là la vite,
Quale oasi vezzosa
In arido deserto,
Più feconda qui attolle
I pampinosi ceppi, 520Ch’olezzante e copiosa
L’innumerabil uva
Orna pomposamente
Con i lunghi e dorati
O azzurri suoi festoni. 525Ha nome questo luogo
D’Alceo, che fere zuffe
E ’l don cantò di Bacco.
Serpe la strada lungo
La radice del monte, 530E sovente vien rotta
Da piccioli zampilli,
Limpidi qual cristallo.
Sembrano serpi d’oro
Che godendosi alquanto 535Del meridiano sole,
Sfuggono qui dai sassi,
Là rientrano fra sassi,
Che vestiti di musco
Attraggono lo sguardo 540Colle vaghe lor forme.
Subito il condottiero
Fermandosi, fa cenno
Colla levata mano
D’udire intenti il dolce 545Canto d’un usignuolo.
Dissemi poi: «Ei solo
Tutta la vicinanza
Signoreggia e col canto
Soavissimo la empie. 550Chiamano i contadini
E reputano in fatti
Essere quell’augello