385Poi ad un tratto allargasi,
E rapida scendendo
D’Arïone al fastoso
Monumento conduce.
Ai nostri piè si spande 390Ampissimo vallone.
Quali vaghe fanciulle,
Pronte alla lieta danza,
L’una a l’altra distendono
Le lor candide mani, 395Tale un vezzoso cerchio
Attorniano la valle
Di fiorite colline
Sgorgano mormorando,
Tra colle e colle, molti 400Limpidetti ruscelli
Che, nell’imo riunendosi
Della valle profonda,
Formano un chiaro lago.
Sulla punta saliente 405Di promontorio ardito,
Colossale s’innalza
D’Arïone l’immago,
E nell’onde si mira.
E con sorpresa io vidi 410Quel che la fama narra
Dell’isola di Delo,
Sacra cuna di Febo.
Vidi errare sul lago
Due isole natanti, 415Ed ubbidire al soffio
De’ capricciosi venti,
Ed or veloci or lente
Seguir de’ rivi il corso,
Che sboccano nel lago. 420«In un’orrida notte,
La di cui rimembranza
Sta sinor nella mente
De’ contadini viva,
Ne’ dì delle frequenti 425Pioggie di primavera,
Tutti que’ ruscelletti
(Or sì tranquilli e limpidi)
Di repente gonfiati
E cangiatisi in foschi 430Furibondi torrenti,
Discendendo nel lago
Raddoppiaro dell’onde
Il solito volume.
Nel lor impeto i flutti 435Distaccaro quei due
Isolotti vezzosi,
Ch’erano al lido uniti
Medïante strettissimi
Due istmi, quali funi, 440Con più giri ravvolte
Ad alberi vicini,
Legano navicelle
Carche di fiori e frutta
Alla sponda d’un fiume, 445Che maestoso traversa
Popolosa cittade.
E quell’isole adesso
Percorrono da banda
A banda l’ampio lago, 450Luogo cambiando a voglia
De’ variabili venti.»
Vidi, sulla maggiore,
Quattro upupe gentili
Dalla leggiadra cresta, 455Giuocando in lieta pace;
Sulla minor due cigni
Attempati e solinghi
In ozio maestoso
Riposavano all’ombra 460Di bel fiorito sorbo.
Mal volentier lasciai
Quel grazïoso aspetto
E quell’amena valle.
«Ecco,» esclama la guida, 465All’orïente stesa
La destra: «Ecco il nido
Dell’aquila!» Volgendo
Il capo, io veggo, in bella