Ma de’ diritti suoi
Gelosa la Natura
Con pronta mano intreccia
Vaghissime ghirlande 305Di rampicanti fiori,
Con che l’alte colonne
Leggiadramente veste.
È quel nitido tempio
Sacro a Lino, di Febo 310Melodïosa prole.
Di quell’antro più lungi
Forse un trar d’arco «Mira!»
Con alta voce esclama
Delle guide l’anziano, 315E colla stesa mano
M’addita tenebrosa
Strettissima vallea
Fra due ravvicinate
Altissime montagne. 320Quale subita chiara
Apparizion celeste,
Ci presenta la valle
In lontananza estrema,
Degli Eliconei gioghi 325Le nevicose cime.
Sembrano torreggiante
Inespugnabil rocca
Che domini i dintorni:
Esse dai contadini 330Meteore son chiamate.
Come distintamente
Si disegnan dell’etra
Sul fondo cupo-azzurro!
«Vedi tu,» con gioconda 335Voce gridò l’anziano
«Quella veloce turba
Di salvatiche capre
Che, a saltelloni e balzi,
Valica quasi a gara 340Sassi, torrenti e abissi!»
Rammentando i dì lieti
Dell’aurea giovinezza,
Con enfasi cantocci
L’ardimentose caccie 345Da solo o cogli amici;
E poi del suo bastone
L’osseo pomo mostrocci,
Che ne’ giorni passati
Corno fu d’un camoscio, 350Abitator superbo
D’alture ch’altre volte
Credeano inaccessibili
Anche i più coraggiosi
E forti cacciatori. 355Ma senza dare ascolto
Alla comun credenza,
Egli a qualunque rischio
Di scalarle risolse,
“E con il fido strale 360Fe’ cascarne la fera
Di roccia in roccia in giuso,
La discesa segnando
Con gli spruzzi purpurei
Dello sgorgante sangue. 365Là, la via s’asconde
Ne’ sinüosi giri
D’angustissima gola,
E di subito rotta
Vien da largo e profondo 370Fesso della montagna,
Nel tenebroso abisso
Fecesi strada un rivo
Strepitoso e spumante
Per mezzo degli scogli 375Ond’è sparso suo letto.
Servono quattro alpestri
Frassini tremolanti
Di ponte al viandante,
Che senza orror nol varca. 380Passato quel torrente,
Di bel nuovo la via
Per un andirivieni
Difficile serpeggia
Tra scompigliati sassi,