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     Che intatta ognor rimane
     Dall’onde spumeggianti
     135Del lago, che sconvolto
     Dall’imo al sommo viene
     Dall’irata tempesta.
     Cresce intanto la nube,
     Si condensa, s’abbruna,
     140Tutta già la vallea
     Empie d’ombra e d’angoscia,
     E sta, qual gonfio fiume,
     A soverchiar vicina
     La cima delle alture
     145Che, poco fa, qual argine
     Ardivano d’opporsi
     A’ suoi ratti progressi.
     Quale viaggiante nave
     Che, l’ancora levata,
     150Colle vele spiegate
     Lascia l’angusto porto,
     Ecco lo struggitore
     Immenso nembo irato
     Disvellersi dai monti.
     155E lanciato sull’ali
     Dei scatenati venti,
     Rapido attraversare
     I campi risuonanti
     Dal ripetuto scoppio
     160Di spaventevol tuono,
     Mentre vengon sommersi
     Tutti da simultanea
     Piena di fuoco: e d’acqua.
     Il terror lo precede,
     165E l’eccidio lo siegue.
Or siamo nell’ameno
     Bosca delle Camene.
     Veggiamo, in mezzocerchio
     D’antichissime quercie,
     170Quale marina spuma
     Il bianco simulacro
     D’Orféo. Giace ai piedi
     Del Re dell’armonia,
     Qui il maestoso Sire
     175Dell’ombrose foreste,
     Cui sino a terra pende
     L’ondeggiante criniera:
     Giovin daino si vede
     Che senza tema pongli
     180I piè sul largo dorso,
     E con le orecchie tese
     Si beve il suon del liuto;
     Là, cruda tigre siede,
     Fra le cui zampe stassi
     185Non più timida lepre.
     In mezzo alla corona
     Del Re del canto ascondesi
     Un nido d’usignuoli
     Non di piume coperti,
     190Cui l’imperita voce
     Stentasi a far preludi:
     Al venir nostro tutti
     Silenziosi restaro;
     Subito che partimmo,
     195Di bel nuovo con gioja
     A cantar si provaro.
Traversiamo nascente
     Amenissimo bosco,
     Ch’arte e natura a un tempo
     200S’emularo abbellir.
Quel boschetto varcato,
     In luoghi ci trovammo
     Aspri e selvaggi quanto
     Non cape in mente umana.
     205In mezzo a queste scene
     Che ai più forti talora
     Son cagion di terrore,
     Ecco leggiadra valle!
     Veggendola diresti:
     210«La Grazia appo l’Orrore!»
     O «vezzosa fanciulla,
     Che giuoca in grembo assisa
     Al mentecatto padre!»
     È l’angusta vallea
     215Da tre lati rinchiusa:
     Ma chi, chi mai narrare