Pel lusso de’ suoi fiori,
Per l’ombre deliziose
E per gl’inaspettati
Vaghi punti di vista: 1410Quando subito vede
Non lungi dalla valle
Gran numero di gente,
Che per mirarla accorse,
Mal ascosa tenersi 1415Fra rare basse piante
E moribondi arbusti
Quasi di foglie privi.
«Ditemi, che mai teme
Quell’adunata folla 1420Dalla presenza mia?»
Domanda la Sovrana,
Volgendosi ai seguaci. —
Altissimo silenzio.
Uomo, nel quale Elisa 1425Ha sua fiducia intiera
E che n’è degno, a lei
Rispettoso ne viene.
Sulla fronte, negli occhi
Pronto spirto gli splende, 1430Giustizia e compassione.
Padre lo chiama il vecchio
Sostenuto da grucce,
L’orfano senza tetto
E la dal mondo intero 1435Vedova abbandonata.
Alla Sovrana ei disse:
«Tu felici rendesti
Colla presenza tua
Dell’avito dominio 1440Tutti gli abitatori;
Segui del generoso
Tuo core il movimento,
E visita per pochi
Momenti quella valle, 1445Che in se gran parte acchiude
Delle miserie umane!»
A questi detti Elisa,
Accelerando i passi,
Se ne andò silenziosa 1450Ver l’infelice valle.
Oh scena miseranda!
Nella state null’ombra
Tempra l’ardor del sole!
Niun prato verdeggiante! 1455Niun’ondeggiante messe
Niun fiore bianco o giallo,
Niun’agile farfalla,
Niun augellin canoro
Saluta al suo ritorno 1460La dolce primavera!
Qua e là torreggia un pino
Col lugubre fogliame,
O qualche sitibondo
Arbusto d’ombra privo 1465Nel lacerato suolo:
Mentre i cocenti raggi
Del meridiano sole,
Rifranti dal sassoso
Monte, che al par di muro 1470Tutta la valle cinge,
Ne ricuopron gran parte
Con nebbia densa e secca,
«E qual dar posso aita?»
Domandò la Sovrana, 1475Mossa di compassione
Al suo fedel seguace.
L’uom pietoso rispose:
«Cagion di tal miseria
Sol è ’l difetto d’acqua. 1480Se delle cento fonti,
Che dall’alto Messapo
Scendendo, forman ampie
Insalubri lagune,
Poche adunate in fiume, 1485Da que’ sassi cadendo
Innaffiasser la valle,
Dubbio non v’ha, ch’in breve
Ella saria rivale
Delle più belle valli.»